da Gli esami non finiscono mai – Eduardo De Filippo
GUGLIELMO Il tempo passa… L’ultima volta che ci siamo visti è stato precisamente dieci anni fa. Sembra ieri. Quanti cambiamenti ci sono stati. In questo decennio ho avuto delle vere gioie, ma anche delle grosse amarezze. Due figli maschi durante i primi tre anni di matrimonio ti rendono felice. Ma tutti e due, per ragioni diverse, mi procurarono dubbi e contrarietà. Al ricevimento per la nascita del primo, ad esempio, rimasi contrariato perché tutti gli invitati, a turno, si mettevano intorno al neonato e lo esaminavano dalla testa ai piedi. Si scambiavano le loro impressioni. “Giesù, Giesù, ma è tale e quale al padre!” Poi, uno alla volta mi venivano a stringere la mano dicendomi: “complimenti Gugliè, ti ha tagliato la testa!” O, assestandomi un colpo sulla spalla, “Questo bambino è il vostro ritratto, cose da pazzi”! Per il secondo figlio tutto questo non si verificò, nessuno fece allusione alla somiglianza con me. Si, strette di mano, complimenti, “che stupendo bambino”! “Sembra di zucchero”, “Una pesca”, “però, diciamo la verità. Gugliè, questa volta ha fatto tutto vostra moglie, voi non c’entrate proprio”. Insomma, gli invitati sembravano i membri di una commissione per l’esame della paternità e, se la prima volta fui promosso a pieni voti, la seconda… “Questa volta ha fatto tutto vostra moglie”, “Voi non c’entrate proprio”… fui messo in crisi. La notte non riuscivo a dormire. Una sera entrai nella stanza dove dormiva il bambino e lo spogliai nudo per osservarlo nei minimi particolari. Più lo guardavo e più non sembrava figlio a me. Ma, mentre continuavo a guardarlo ed osservarlo mi sentii così mortificato e meschino che avrei preferito sprofondare sottoterra. E già, perché pensai: “Ma allora per questo piccolo essere gli esami sono già cominciati?” E mi vergognai come un ladro nel riconoscere in me stesso il più zelante e pignolo membro della commissione esaminatrice. (Fa una breve pausa mostrandosi dispiaciuto)
Comunque i miei figli stanno crescendo, si chiamano uno Fortunato e l’altro Felice; ve li presenterò quando sarà il momento. Come professionista non mi posso lamentare anche se tutti quelli che si occupano della mia attività, quando parlano di me, concludono sempre con un “mah…”, “forse…”, “staremo a vedere…”. E questo è tutto. Nooo? Non è tutto? Avete ragione. (Con un sorriso compiaciuto) Non è tutto. (Con una smorfia aggraziata, come quel-la che fanno i bambini una volta colti in fallo) Ma mi vergogno di dirvelo. D’altra parte ho promesso di non nascondervi niente e debbo mantenere la parola. Mi sono innamorato di una ragazza. Ma innamorato cotto. E’ giovanissima. Non so nemmeno se sia bella, ma io la vedo incantevole. La guardo e resto incantato a guardarla... (Piccola pausa). E non c’è altro. (Con lo stesso sguardo indagatore di prima fissa il pubblico in sala, poi s’arrende di nuovo) Cheee? C’è dell’altro? (S’intristisce) Si, avete ragione.., c’è dell’altro. La parte più dolorosa di tutto questo racconto ho cercato di nascondervela; ma se un giorno mi troverò con l’acqua alla gola, se mi metteranno con le spalle al muro, vi giuro che vi racconterò tutto per filo e per segno. (Il sipario-comodino si apre scoprendo la «Strada dove ci si incontra per caso». Da una delle quinte sopraggiungono Giglio/a e Furio. Giglio/a ha fatto il giro dei negozi, infatti è carica di pacchetti. Della loro Presenza è Guglielmo che se ne accorge per primo) Gigliò, finalmente. (Mostrando l’orologio) Ti sto aspettando da quasi tre quarti d’ora.
GIGLIOLA E chi t’ha detto « aspetta».
GUGLIELMO L’abbiamo detto quando siamo usciti, tu per fare il giro dei negozi, io quello degli uffici e delle banche. Anzi, l’hai detto proprio tu: «Ci vediamo qua».
GIGLIOLA Peggio per te se dopo avere aspettato dieci minuti un quarto d’ora, hai preferito aspettare ancora invece di andartene.
GUGLIELMO Che bel ragionamento,tu poi arrivavi e non mi trovavi. Sai benissimo che non sono cafone al punto da non farmi trovare all’appuntamento con una donna.
GIGLIOLA (acida) D’accordo. Gli appuntamenti con le donne si rispettano, ma io sono tua moglie.
GUGLIELMO Beh, la moglie è moglie.
GIGLIOLA Che bella soddisfazione: siamo arrivati al punto che me lo dici in faccia.
GUGLIELMO Che cosa?
GIGLIOLA Che debbo ringraziare a Dio che sono tua moglie, se no mi tratteresti come una scarpa vecchia.
Segue un penoso silenzio.
GUGLIELMO (allarmato, cerca d’interrogare con lo sguardo l’amico, nella speranza di avere da lui qualche spiegazione sull’insolito atteggiamento ostile di sua moglie, ma Furio con molta disinvoltura evita qualsiasi contatto con Guglielmo il quale prudentemente preferisce sviare il discorso) Siccome vedo che stai storta, preferisco non insistere.
GIGLIOLA E’ meglio e ti conviene.
GUGLIELMO Beh, hai fatto il giro dei tuoi negozietti, ti sei divertita, hai comprato quello che ti serviva?
GIGLIOLA Come no!
GUGLIELMO Mi hai comprato la colonia?
GIGLIOLA Non mi sono bastati i soldi.
GUGLIELMO Non fa niente, me la compri domani.
GIGLIOLA E domani non esco. Vuol dire che la colonia tua o te la compri tu, o te la fai comprare da qualche persona pratica di profumi.
GUGLIELMO Gigliò, ma che ti succede? (Giglio/a non risponde). Furio, ne sai tu qualche cosa?
FURIO Si, ho notato un certo turbamento nella commarella, e mi sono accorto pure di come si è incupita non appena ti ha visto, ma, come si dice: fra moglie e marito...
GIGLIOLA Deve durare a lungo questa inchiesta?
GUGLIELMO Non si tratta d’inchiesta. Siccome quando ci siamo lasciati sul portone di casa stavi di buonissimo umore, allegra, contenta.., devi per lo meno capire la mia preoccupazione nel ritrovarti adesso completamente cambiata.
GIGLIOLA Che ci vuoi fare. Pure il tempo cambia da un momento all’altro. In fondo pure noi siamo influenzabili come il termometro.
GUGLIELMO Certo, ma il tempo non è cambiato affatto; è rimasto come quando ci siamo lasciati sul portone di casa.
GIGLIOLA Se il tempo è rimasto quello che era, qualche cosa che su di me ha più influenza del tempo si è capovolta addirittura. (A Furio) Caro compare, vi saluto.
FURIO Commarella cara, buone cose e arrivederci.
Gigliola esce svelta, senza degnare nemmeno di uno sguardo Guglielmo, mentre alle spalle dei due uomini si chiude il sipario-comodino.
GUGLIELMO Sono cose da pazzi. Tu l’hai incontrata per la strada?
FURIO Si.
GUGLIELMO E già stava nervosa, quando l’hai incontrata?
FURIO Non ci ho fatto caso.
GUGLIELMO Ma non ti ha parlato di me?
FURIO Si, così, come al solito. Ma sei preoccupato?
GUGLIELMO Certo. Non vorrei che si fosse accorta... Si, insomma...
FURIO Della tua relazione?
GUGLIELMO Si, di questo mio momento...
FURIO Di sbandamento...
GUGLIELMO Il modo di come mi rispondi non mi piace.
FURIO In che senso?
GUGLIELMO Tu sai qualche cosa che non mi vuoi dire.
Si. Tu sai che io non attraverso un momento di sbandamento. La ragazza che ho incontrato...
FURIO Bonaria?
GUGLIELMO E chi, se no? L’adoro, e tu lo sai. Se non ho ancora lasciato mia moglie, se non ho abbandonato la casa è stato solo perché tengo due figli.
FURIO Addirittura.
GUGLIELMO (autoritario) Fammi parlare. Ho fatto e sto facendo le cose a modo e con infinita prudenza. Vedo raramente Bonaria, e questo è per me un grande sacrificio; la trattoria dove c’incontriamo è una taverna frequentata da carrettieri e camionisti perché si trova a venti chilometri sulla strada provinciale.
FURIO Ma che vuoi dire con questo?
GUGLIELMO Che tu solo conosci questo posto perché ti ci portai per presentarti Bonaria.
FURIO Voglio sperare che non ti stia passando per la testa che sono stato io a informare Gigliola del fatto di questa Bonaria.
GUGLIELMO Scusami. Ti chiedo scusa, ma ti debbo confessare pure che il dubbio l’ho avuto.
FURIO Mi dispiace, mi dispiace assai.
GUGLIELMO Non può essere vero. No, tu no. Sarebbe la fine del mondo.
FURIO Meno male.
GUGLIELMO E allora non può essere questo il motivo del malumore di Gigliola.
FURIO È questo.
GUGLIELMO È questo?
FURIO Si.
GUGLIELMO E tu che ne sai?
FURIO Me l’ha detto Gigliola.
GUGLIELMO E a Gigliola chi gliel’ha detto?
FURIO Gugliè, ma tu dove vivi? Gugliè, la città è piena di questa tua relazione. Se ne parla in tutti gli ambienti, e la voce che circola è una sola: « Si tratta di aspettare:
bisogna vedere la moglie come si regola».
GUGLIELMO Questo dicono?
FURIO SI, solo questo... Non ti dico poi il guaio che ho passato io personalmente.
GUGLIELMO Tu?
FURIO È naturale, Sanno che siamo amici, e allora vogliono sapere da me com’è nata la tresca, dove e come hai conosciuto questa ragazza, se è bella, se è brutta, quanti anni tiene... Non ti dico poi il mio imbarazzo quando vogliono sapere che ne penso di questa tua scesa di testa:
se tua moglie ne farà una tragedia, se alla fine accetterà il fatto compiuto, e si starà zitta. Insomma, ho perduto la pace.
GUGLIELMO E tu che rispondi?
FURIO Che posso rispondere? Da una parte ti sono amico e ti voglio bene, dall’altra penso che Gigliola non se lo meritava... Cerco di cavarmela dicendo: « Qua, là... sopra, sotto... Si, va bene, ma sapete com’è,., e tiritippete e tiritappete... »
Le ultime battute di Furio si perdono in quinta, mentre i due escono. Il sipario di velluto si apre, scoprendo il soggiorno di casa Speranza. Amneris e due giovani amiche di famiglia, la signora Cucurullo e la signora Piciocca, si troveranno sedute intorno al tavolo. Laudomia fa il giro per ritirare le tazze del tè, e dopo averle sistemate nel vassoio si avvia per uscire. Uscita la cameriera, Amneris riprende la conversazione con le amiche.
GUGLIELMO Il tempo passa… L’ultima volta che ci siamo visti è stato precisamente dieci anni fa. Sembra ieri. Quanti cambiamenti ci sono stati. In questo decennio ho avuto delle vere gioie, ma anche delle grosse amarezze. Due figli maschi durante i primi tre anni di matrimonio ti rendono felice. Ma tutti e due, per ragioni diverse, mi procurarono dubbi e contrarietà. Al ricevimento per la nascita del primo, ad esempio, rimasi contrariato perché tutti gli invitati, a turno, si mettevano intorno al neonato e lo esaminavano dalla testa ai piedi. Si scambiavano le loro impressioni. “Giesù, Giesù, ma è tale e quale al padre!” Poi, uno alla volta mi venivano a stringere la mano dicendomi: “complimenti Gugliè, ti ha tagliato la testa!” O, assestandomi un colpo sulla spalla, “Questo bambino è il vostro ritratto, cose da pazzi”! Per il secondo figlio tutto questo non si verificò, nessuno fece allusione alla somiglianza con me. Si, strette di mano, complimenti, “che stupendo bambino”! “Sembra di zucchero”, “Una pesca”, “però, diciamo la verità. Gugliè, questa volta ha fatto tutto vostra moglie, voi non c’entrate proprio”. Insomma, gli invitati sembravano i membri di una commissione per l’esame della paternità e, se la prima volta fui promosso a pieni voti, la seconda… “Questa volta ha fatto tutto vostra moglie”, “Voi non c’entrate proprio”… fui messo in crisi. La notte non riuscivo a dormire. Una sera entrai nella stanza dove dormiva il bambino e lo spogliai nudo per osservarlo nei minimi particolari. Più lo guardavo e più non sembrava figlio a me. Ma, mentre continuavo a guardarlo ed osservarlo mi sentii così mortificato e meschino che avrei preferito sprofondare sottoterra. E già, perché pensai: “Ma allora per questo piccolo essere gli esami sono già cominciati?” E mi vergognai come un ladro nel riconoscere in me stesso il più zelante e pignolo membro della commissione esaminatrice. (Fa una breve pausa mostrandosi dispiaciuto)
Comunque i miei figli stanno crescendo, si chiamano uno Fortunato e l’altro Felice; ve li presenterò quando sarà il momento. Come professionista non mi posso lamentare anche se tutti quelli che si occupano della mia attività, quando parlano di me, concludono sempre con un “mah…”, “forse…”, “staremo a vedere…”. E questo è tutto. Nooo? Non è tutto? Avete ragione. (Con un sorriso compiaciuto) Non è tutto. (Con una smorfia aggraziata, come quel-la che fanno i bambini una volta colti in fallo) Ma mi vergogno di dirvelo. D’altra parte ho promesso di non nascondervi niente e debbo mantenere la parola. Mi sono innamorato di una ragazza. Ma innamorato cotto. E’ giovanissima. Non so nemmeno se sia bella, ma io la vedo incantevole. La guardo e resto incantato a guardarla... (Piccola pausa). E non c’è altro. (Con lo stesso sguardo indagatore di prima fissa il pubblico in sala, poi s’arrende di nuovo) Cheee? C’è dell’altro? (S’intristisce) Si, avete ragione.., c’è dell’altro. La parte più dolorosa di tutto questo racconto ho cercato di nascondervela; ma se un giorno mi troverò con l’acqua alla gola, se mi metteranno con le spalle al muro, vi giuro che vi racconterò tutto per filo e per segno. (Il sipario-comodino si apre scoprendo la «Strada dove ci si incontra per caso». Da una delle quinte sopraggiungono Giglio/a e Furio. Giglio/a ha fatto il giro dei negozi, infatti è carica di pacchetti. Della loro Presenza è Guglielmo che se ne accorge per primo) Gigliò, finalmente. (Mostrando l’orologio) Ti sto aspettando da quasi tre quarti d’ora.
GIGLIOLA E chi t’ha detto « aspetta».
GUGLIELMO L’abbiamo detto quando siamo usciti, tu per fare il giro dei negozi, io quello degli uffici e delle banche. Anzi, l’hai detto proprio tu: «Ci vediamo qua».
GIGLIOLA Peggio per te se dopo avere aspettato dieci minuti un quarto d’ora, hai preferito aspettare ancora invece di andartene.
GUGLIELMO Che bel ragionamento,tu poi arrivavi e non mi trovavi. Sai benissimo che non sono cafone al punto da non farmi trovare all’appuntamento con una donna.
GIGLIOLA (acida) D’accordo. Gli appuntamenti con le donne si rispettano, ma io sono tua moglie.
GUGLIELMO Beh, la moglie è moglie.
GIGLIOLA Che bella soddisfazione: siamo arrivati al punto che me lo dici in faccia.
GUGLIELMO Che cosa?
GIGLIOLA Che debbo ringraziare a Dio che sono tua moglie, se no mi tratteresti come una scarpa vecchia.
Segue un penoso silenzio.
GUGLIELMO (allarmato, cerca d’interrogare con lo sguardo l’amico, nella speranza di avere da lui qualche spiegazione sull’insolito atteggiamento ostile di sua moglie, ma Furio con molta disinvoltura evita qualsiasi contatto con Guglielmo il quale prudentemente preferisce sviare il discorso) Siccome vedo che stai storta, preferisco non insistere.
GIGLIOLA E’ meglio e ti conviene.
GUGLIELMO Beh, hai fatto il giro dei tuoi negozietti, ti sei divertita, hai comprato quello che ti serviva?
GIGLIOLA Come no!
GUGLIELMO Mi hai comprato la colonia?
GIGLIOLA Non mi sono bastati i soldi.
GUGLIELMO Non fa niente, me la compri domani.
GIGLIOLA E domani non esco. Vuol dire che la colonia tua o te la compri tu, o te la fai comprare da qualche persona pratica di profumi.
GUGLIELMO Gigliò, ma che ti succede? (Giglio/a non risponde). Furio, ne sai tu qualche cosa?
FURIO Si, ho notato un certo turbamento nella commarella, e mi sono accorto pure di come si è incupita non appena ti ha visto, ma, come si dice: fra moglie e marito...
GIGLIOLA Deve durare a lungo questa inchiesta?
GUGLIELMO Non si tratta d’inchiesta. Siccome quando ci siamo lasciati sul portone di casa stavi di buonissimo umore, allegra, contenta.., devi per lo meno capire la mia preoccupazione nel ritrovarti adesso completamente cambiata.
GIGLIOLA Che ci vuoi fare. Pure il tempo cambia da un momento all’altro. In fondo pure noi siamo influenzabili come il termometro.
GUGLIELMO Certo, ma il tempo non è cambiato affatto; è rimasto come quando ci siamo lasciati sul portone di casa.
GIGLIOLA Se il tempo è rimasto quello che era, qualche cosa che su di me ha più influenza del tempo si è capovolta addirittura. (A Furio) Caro compare, vi saluto.
FURIO Commarella cara, buone cose e arrivederci.
Gigliola esce svelta, senza degnare nemmeno di uno sguardo Guglielmo, mentre alle spalle dei due uomini si chiude il sipario-comodino.
GUGLIELMO Sono cose da pazzi. Tu l’hai incontrata per la strada?
FURIO Si.
GUGLIELMO E già stava nervosa, quando l’hai incontrata?
FURIO Non ci ho fatto caso.
GUGLIELMO Ma non ti ha parlato di me?
FURIO Si, così, come al solito. Ma sei preoccupato?
GUGLIELMO Certo. Non vorrei che si fosse accorta... Si, insomma...
FURIO Della tua relazione?
GUGLIELMO Si, di questo mio momento...
FURIO Di sbandamento...
GUGLIELMO Il modo di come mi rispondi non mi piace.
FURIO In che senso?
GUGLIELMO Tu sai qualche cosa che non mi vuoi dire.
Si. Tu sai che io non attraverso un momento di sbandamento. La ragazza che ho incontrato...
FURIO Bonaria?
GUGLIELMO E chi, se no? L’adoro, e tu lo sai. Se non ho ancora lasciato mia moglie, se non ho abbandonato la casa è stato solo perché tengo due figli.
FURIO Addirittura.
GUGLIELMO (autoritario) Fammi parlare. Ho fatto e sto facendo le cose a modo e con infinita prudenza. Vedo raramente Bonaria, e questo è per me un grande sacrificio; la trattoria dove c’incontriamo è una taverna frequentata da carrettieri e camionisti perché si trova a venti chilometri sulla strada provinciale.
FURIO Ma che vuoi dire con questo?
GUGLIELMO Che tu solo conosci questo posto perché ti ci portai per presentarti Bonaria.
FURIO Voglio sperare che non ti stia passando per la testa che sono stato io a informare Gigliola del fatto di questa Bonaria.
GUGLIELMO Scusami. Ti chiedo scusa, ma ti debbo confessare pure che il dubbio l’ho avuto.
FURIO Mi dispiace, mi dispiace assai.
GUGLIELMO Non può essere vero. No, tu no. Sarebbe la fine del mondo.
FURIO Meno male.
GUGLIELMO E allora non può essere questo il motivo del malumore di Gigliola.
FURIO È questo.
GUGLIELMO È questo?
FURIO Si.
GUGLIELMO E tu che ne sai?
FURIO Me l’ha detto Gigliola.
GUGLIELMO E a Gigliola chi gliel’ha detto?
FURIO Gugliè, ma tu dove vivi? Gugliè, la città è piena di questa tua relazione. Se ne parla in tutti gli ambienti, e la voce che circola è una sola: « Si tratta di aspettare:
bisogna vedere la moglie come si regola».
GUGLIELMO Questo dicono?
FURIO SI, solo questo... Non ti dico poi il guaio che ho passato io personalmente.
GUGLIELMO Tu?
FURIO È naturale, Sanno che siamo amici, e allora vogliono sapere da me com’è nata la tresca, dove e come hai conosciuto questa ragazza, se è bella, se è brutta, quanti anni tiene... Non ti dico poi il mio imbarazzo quando vogliono sapere che ne penso di questa tua scesa di testa:
se tua moglie ne farà una tragedia, se alla fine accetterà il fatto compiuto, e si starà zitta. Insomma, ho perduto la pace.
GUGLIELMO E tu che rispondi?
FURIO Che posso rispondere? Da una parte ti sono amico e ti voglio bene, dall’altra penso che Gigliola non se lo meritava... Cerco di cavarmela dicendo: « Qua, là... sopra, sotto... Si, va bene, ma sapete com’è,., e tiritippete e tiritappete... »
Le ultime battute di Furio si perdono in quinta, mentre i due escono. Il sipario di velluto si apre, scoprendo il soggiorno di casa Speranza. Amneris e due giovani amiche di famiglia, la signora Cucurullo e la signora Piciocca, si troveranno sedute intorno al tavolo. Laudomia fa il giro per ritirare le tazze del tè, e dopo averle sistemate nel vassoio si avvia per uscire. Uscita la cameriera, Amneris riprende la conversazione con le amiche.
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