15 luglio 2019

da La marchesa di O… - Heinrich Von Kleist

opera di Ugo Nespolo

da La marchesa di O… - Heinrich Von Kleist

Il conte rimase per un momento seduto, e sembrò riflettere a che cosa dovesse fare. Poi, alzandosi e allontanando la sedia, disse che, poiché doveva riconoscere che le speranze con le quali era entrato in quella casa erano state troppo precipitose, e la famiglia, cosa che egli non disapprovava, insisteva per conoscerlo meglio, avrebbe rispedito i suoi dispacci a Z..., al quartier generale, perché proseguissero per altra via, e avrebbe accettato la benevola offerta di essere ospite della casa per alcune settimane. Detto questo, aspettò ancora un momento in piedi con la mano appoggiata alla sedia, vicino alla parete, guardando il comandante. Il comandante rispose che gli sarebbe dispiaciuto moltissimo se la passione che egli sembrava aver concepito per sua figlia avesse dovuto attirare su di lui spiacevoli conseguenze di gravità estrema: ma poiché stava a lui decidere quello che doveva fare o non fare, mandasse pure i dispacci, e prendesse possesso delle stanze che gli erano destinate. A quelle parole si vide il conte impallidire, baciare con deferenza la mano alla madre, inchinarsi agli altri e uscire.
Quando ebbe lasciato la stanza, la famiglia non sapeva come giudicare il suo comportamento. La madre disse che non era possibile che volesse rispedire a Z... i dispacci con i quali doveva andare a Napoli solo perché non era riuscito, passando per M..., in cinque minuti di conversazione, a ottenere un sì da una signora del tutto sconosciuta.
L'ispettore forestale osservò che una simile leggerezza sarebbe stata punita per lo meno con gli arresti in fortezza! E anche con la degradazione, aggiunse il comandante. Ma di questo non c'era pericolo, continuò. Era solo un falso allarme; senza dubbio, prima di rispedire i dispacci, ci avrebbe ripensato. La madre, quando fu informata di quel pericolo, manifestò la più viva preoccupazione che li rispedisse veramente. La sua impulsiva volontà, tutta tesa a un solo scopo, le sembrava, disse, senz'altro capace di un gesto simile. E pregò con insistenza l'ispettore di seguirlo immediatamente, per trattenerlo da un'azione dalle conseguenze così minacciose. L'ispettore rispose che un passo come quello avrebbe avuto l'effetto contrario, e non avrebbe fatto altro che rafforzarlo nella speranza di vincere con il suo stratagemma. La marchesa era della stessa opinione, e però era sicura che, senza l'intervento del fratello, avrebbe spedito sicuramente i dispacci, perché avrebbe preferito rovinarsi, piuttosto che fare una brutta figura. Tutti convenivano che il suo comportamento era molto strano, e che sembrava abituato a conquistare i cuori femminili d'assalto, come le fortezze.
In quel momento il comandante notò davanti al portone la carrozza del conte, con i cavalli attaccati. Chiamò la famiglia alla finestra, e chiese con stupore a un domestico, che stava appunto entrando, se il conte fosse ancora in casa. Il domestico rispose che era da basso, nella stanza della servitù, in compagnia di un aiutante, a scrivere lettere e sigillare pacchi. Il comandante, nascondendo la sua costernazione, scese in fretta le scale con l'ispettore e chiese al conte, poiché lo vedeva sbrigare la sua corrispondenza a un tavolo poco adatto, se non voleva accomodarsi nelle sue stanze, e se non aveva altri ordini. Il conte rispose, continuando a scrivere con precipitazione, che ringraziava umilmente, ma la sua corrispondenza era terminata; chiese, sigillando la lettera, che ora fosse, e augurò all'aiutante, dopo avergli consegnato l'intero plico, buon viaggio.

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