7 maggio 2015

Danza di marinai - Edith Sitwell



Danza di marinai - Edith Sitwell   



Giungono marinai in folla

al suon dei tamburi

fuori dalle mura di Babilonia,

Cavallucci di legno

spumano, un torvo

cielo come un rinoceronte offeso



osservava il rollio dei frangenti sui loro cavalli a dondolo e con Glauco,

Madama Venere sul sofà del mare in lana di cavallo!

Proprio dove Lord Tennyson aveva scritto con l’alloro in capo un Gloria gratis,

a bordo di un iceberg boreale giunse Vittoria; ella

sapeva che la grande statua in memoria del Principe Alberto riflette i colori dei vivai fioriti

e dell’iceberg boreale; continuando a navigare vedono

appena nata dalle acque Madame Vénus per il cui amore di lontano

si mise in marcia l’Imperatore ciccione e a strisce zebrate di Zanzibar,

dove come tanti splendidi mazzi di fiori sorgono Asia, Africa e Catai,

tutti gettati ai piedi di quell’ambigua signora dal gottoso Scià.

Venne Capitan Fracassa, robusto e solido come una botte per l’acqua piovana, si accompagnò

a Ser Bacco nel tracannare coppe di nero sangue di negra uva

colta tra le vigne in tessuto scozzese

sotto un vento peloso il cui dolore la vecchiaia

non riusciva a disseccare – come scoiattolo con una noce d’oro.

La Regina Vittoria seduta scandalizzata sul cavalluccio

di un’onda, disse al poeta laureato: «Questo visone naturalmente

è furbo come una lince e più nero di quel vino e quasi

caldo come un ottentotto, senza esagerare!



«Davvero, il visone,

     ella disse,

e il vino,

     potete dirlo anche voi,



tengono caldi come un ottentotto e... via! non è roba per me!».


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