10 giugno 2015

Ode a Jorge Manrique – Pablo Neruda

F. Rustici Detto Il Rustichino – La Morte Di Lucrezia
Ode a Jorge Manrique – Pablo Neruda

Avanti, gli dissi,
ed entrò il buon cavaliere
della morte.

Era d'argento verde
la sua armatura
e i suoi occhi
erano
come l'acqua marina.
Le sue mani e il suo volto
erano di frumento.

Parla, gli dissi, cavaliere
Jorge,
non posso
opporre altro che l'aria
alle tue strofe.
Di ferro e d'ombra furono,
di diamanti
oscuri
e incise
restarono
nel freddo
delle torri
di Spagna,
nella pietra, nell'acqua,
nell'idioma.
Allora, egli mi disse:
“E' l'ora
della vita.
Ah
se potessi
mordere una mela,
toccare la polverosa
dolcezza della farina.
Ah se di nuovo
il canto...
Non alla morte
darei
la mia parola...
Credo
che il tempo oscuro
ci accecò
il cuore
e le sue radici
scesero e scesero
nelle tombe,
mangiarono
con la morte.
Sentenza e orazione furono le rose
di quelle sotterrate
primavere
e, solitario trovatore,
camminai
silenzioso per le dimore
transitorie:
tutti i passi conducevano
a una solenne
eternità
vuota.
Ora
mi sembra
che non sia solo l'uomo.
Nelle sue mani
ha elaborato,
come se fosse un duro
pane, la speranza,
la terrestre
speranza”.

Guardai il cavaliere
di pietra
era d'aria.

Più non stava sulla sedia.

Dalla finestra aperta
si estendevano le terre,
i paesi,
la lotta, il frumento,
il vento.

Grazie, dissi, Don Jorge, cavaliere.

E tornai al mio dovere di popolo e di canto.

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