4 agosto 2017

La sposa di Pigmalione – Carol Ann Duffy

Ernest Normand - Pigmalione e Galatea
La sposa di Pigmalione – Carol Ann Duffy

Frigida ero, come la neve, l’avorio.
Pensai Non mi toccherà,
lo fece.

Mi baciò le labbra di pietra.
Stavo immobile
come morta.
Persistè.
Passò col pollice sui miei occhi di marmo.

Pronunciò
rozze parole dolci, disse cosa avrebbe fatto e come.
Parole terribili
le mie orecchie erano sculture.
Sorde come pietre, come conchiglie.
Sentivo il mare.
Lo feci annegare.
Lo sentii gridare.

Mi portò regali, sassolini levigati,
campanelline.
Non battei ciglio,
non aprii bocca.
Mi portò perle, collane e anelli
li chiamava gingilli da bimba.
Mi brancicò con mani appiccicose.
Non mi ritrassi.
Bella statuina, muta!

Mi ficcò le dita nella carne,
strizzò, pigiò.
Non mi ammaccò.
Cercava i segni,
cuoricini viola,
stelle d’inchiostro, livide spie.
Le unghie erano artigli.
Non un frego, un graffio, uno sfregio.
Mi puntellò coi cuscini,
e mi redarguì tutta la notte.
Era ghiaccio il mio cuore, era vetro.
Era ghiaia la sua voce, strideva.
Diceva nero poi bianco.

Così cambiai tattica,
mi riscaldai come cera di candela,
ricambiai i baci,
fui morbida, malleabile,
cominciai a mugolare,
mi feci calda, sfrenata,
mi dimenai, spasimai, smaniai,
implorai un figlio suo,
e nell’orgasmo
urlai come invasata –
tutta scena.

Da allora non l’ho più visto.
Semplice, no?


 

Nessun commento:

Posta un commento