7 dicembre 2018

L’assaggiatrice – Giuseppina Torregrossa

opera di Mario Tozzi
L’assaggiatrice – Giuseppina Torregrossa

La domanda la fa a se stesso e non aspetta risposta. Lo sguardo è perso, lontano, fuori dalla porta, al di là della strada, oltre. La sua mano si muove di continuo sulle mie braccia, sul mio seno, sulle mie spalle. Io non ci sono e non faccio nulla per esserci. Intanto lui continua a raccontare: «Quando sento mia moglie piangere, come oggi mentre tu mi stavi sopra, il silenzio diventa un nemico e parlare è il solo modo per resistere a un ricordo che mi dà dolore. Ho lavorato nelle saline per guadagnarmi un passaggio su una nave vecchia e carica di disperati, vuoti a perdere noi, la barca, l’equipaggio. Senza soldi, documenti, bagagli, solo i vestiti addosso e la speranza dentro al cuore. Uno accanto all’altro abbiamo visto il sole sorgere e tramontare cinque volte, ammassati sul ponte, all’aperto giorno e notte, i corpi vicinissimi, neanche lo spazio per accompagnare i nostri discorsi con i gesti. Il tempo buono e il mare calmo ci hanno salvati. Nessun controllo, neanche l’ombra di un poliziotto».
S’interrompe pensieroso. Alzo le spalle come a dire “vai avanti, non ti preoccupare”.
«Appena sbarcati ci siamo persi nella campagna, seguivamo l’intuito e le poche informazioni che ci avevano dato. Eravamo tutti maschi, molti ragazzi giovani, qualche vecchio. La gente che ho incontrato mi ha sempre accolto, mi ha dato da mangiare, mi ha vestito, offerto lavoro. Adesso che conosco la lingua, le cose sono diventate ancora più semplici, gli incontri più facili, ma sono sempre molto prudente; ho imparato soprattutto a parlare poco, mai per primo e ad aspettare che siano gli altri a rivolgermi la parola. Tu sei l’acqua fresca nel deserto della mia vita, mi hai accolto, sfamato, assaporato; con te sono tornato a essere uomo. Ma ora la mia anima è sottosopra per la malinconia, le tue domande hanno riportato ricordi tristi, più forti del desiderio che ho di amarti. Tornerò, è una promessa, quando il silenzio sarà di nuovo mio compagno».
Hamed mi accarezza il viso, mi bacia e scappa via dal negozio con la testa incassata nelle spalle. Lo guardo andare via, mi sdraio per terra, la mia mano si muove da sola, lentamente, il respiro sospeso per trattenere ancora il suo profumo di rosmarino, per ascoltare il suono della sua voce profonda e grave. Mi lascio andare. L’orgasmo arriva stentato e sa di sale e solitudine.

Nessun commento:

Posta un commento