13 gennaio 2019

Conversazione con l'ispettore delle imposte intorno alla poesia – Vladimir Majakovskij

Domenico Gnoli - with Black Hair
Conversazione con l'ispettore delle imposte intorno alla poesia – Vladimir Majakovskij

Cittadino ispettore delle imposte!
Scusate il disturbo.
Grazie...
non v'incomodate...
starò in piedi...
Ho per voi
una questione
di natura delicata:
sul posto
del poeta
nell'ordine operaio.
Fra quelli che posseggono
botteghe e tenute
sono tassato anch'io
e devo esser punito.
Esigete
da me
cinquecento al semestre
e venticinque
per mancata dichiarazione.
Il mio lavoro
è affine
a qualunque
lavoro.
Considerate
quante perdite,
che
spese
nella mia produzione
e quanto spreco
di materiale.
V'è certamente
noto
il fatto della «rima».
Poniamo
che un verso
finisca con «papà».
Allora,
dopo un verso,
ripetendo le sillabe,
metteremo
un qualsiasi
trallaralla-là.
Parlando al modo vostro,
la rima
è una cambiale.
Da scontare dopo un verso!
Ecco la regola.
E cerchi
spiccioli
di suffissi e flessioni
nella cassa che si vuota
dei verbi
e delle declinazioni.
Incominci a cacciare
nel verso
quella parola,
che non entra,
e tu premi e spezzi.
Cittadino ispettore delle imposte,
mi devi credere,
costano
le parole al poeta.
Parlando al modo nostro,
la rima
è una botte.
Carica di dinamite.
Il verso
la miccia.
Bruciata tutta la riga,
il verso esplode,
e una città
salta in aria
con la strofa.
Dove troverai,
in quale tariffa,
le rime,
che, puntate, accoppino d'un colpo?
Forse,
una cinquina
di rime inconsuete
è rimasta soltanto
nel Venezuela.
E ai freddi e alla calura,
mi trascinano.
Mi slancio,
ingolfato in prestiti e anticipi.
Cittadino,
nel conto aggiungete il biglietto!
La poesia
- tutta! -
è un viaggio nell'ignoto.
La poesia
è l'estrazione del radio.
Per ogni grammo estratto,
un anno di fatica.
Sprechi,
per una sola parola,
migliaia di tonnellate
di minerale verbale.
Ma com'è rovente
il fuoco di queste parole
di fronte al tepore
della parola grezza!
Queste parole
mettono in movimento
migliaia d'anni,
milioni di cuori.
S'intende che vi sono
poeti di specie diverse.
Quanti di loro
hanno la mano facile!
Estraggono un verso
dalla bocca
propria
e altrui,
come giocolieri.
Che dire poi
dei castrati lirici?!
Basta loro
disporre
un verso altrui.
Questo
è comune
furto e peculato,
fra i peculati di cui il paese è preda.
Queste poesie
e queste odi
che oggi
vengono singhiozzate
tra gli applausi,
entreranno
nella storia
come spese accessorie
di ciò ch'è stato fatto
da due o tre di noi.
Consumerai,
come si dice
un quintale di sale
e fumo
di cento e cento sigarette,
per estrarre
una
preziosa parola
dalle artesiane
profondità dell'uomo.
E subito
s'abbassa
l'ammontare dell'imposta.
Togliete
alla tassa
la ruota d'uno zero!
Un rublo e novanta,
cento sigarette,
un rublo e sessanta,
il sale fino.
Nel vostro modulo
c'è un mucchio di domande:
«Avete fatto viaggi?
Oppure no?»
Ma come!
Se io di pegasi
una decina
ne ho straccati
negli ultimi
15 anni?!
Mi chiedete
- addentrandovi
nella mia condizione -
se ho domestici
o anche proprietà.
Ma come!
Se io
sono guida del popolo
e al tempo stesso
suo servitore?
La classe
parla
con la nostra parola,
e noi,
proletari,
siamo i motori della penna.
La macchina
dell'anima
logori con gli anni.
Ti dicono:
«In archivio,
sei esaurito
ormai!»
Sempre meno si ama
sempre meno si ardisce,
e la mia fronte
il tempo
devasta di gran corsa.
Sopravviene
il più tremendo degli ammortamenti,
l'ammortamento
del cuore e dell'anima.
E quando
questo sole
verro ingrassato,
si leverà
su un futuro
senza poveri né storpi,
io
ormai
marcirò
dietro uno steccato,
accanto
a una decina
di miei colleghi.
Preparate
il mio
bilancio postumo!
Io affermo,
e so di non mentire,
che sullo sfondo
degli odierni
affaristi e intriganti
io
- solo! -
avrò
un debito insolvibile.
E' nostro debito
ruggire come
una sirena dalla gola di rame
nella nebbia dei filistei,
nel ribollire delle bufere.
Il poeta
è sempre un debitore
dell'universo,
che paga
sul dolore
percentuali
e ammende.
Io
sono in debito
con i lampioni di Broadway,
con voi,
cieli di Bagdadi,
con l'esercito rosso,
con i ciliegi del Giappone,
con tutto ciò,
su cui non ho avuto
il tempo di scrivere.
Ma perché, in genere,
è questo il berretto
che gli s'adatta?
Per prendere di mira con la rima
e infuriare col ritmo?
La parola del poeta
è la vostra resurrezione,
la vostra immortalità,
cittadino contabile.
Dopo secoli
in una cornice di carta
prendi il verso
e volgi indietro il tempo!
E sorgerà
questo giorno
insieme agli ispettori delle imposte,
con lo splendore dei prodigi
e il lezzo degli inchiostri.
Cittadino convinto dei giorni nostri,
procuratevi
all'Enkapees
un biglietto per l'immortalità
e, calcolata
l'azione dei versi,
ripartite
il mio guadagno
per trecento anni.
Ma la forza del poeta
non è solo nel fatto
che, ricordandolo,
i posteri
avranno il singhiozzo.
No!
Anche oggi
la rima del poeta
è carezza
e parola d'ordine
e baionetta
Cittadino ispettore delle imposte,
cinque pagherò,
raschiando
tutti gli zeri
dal totale!
A buon diritto
esigo d'esser posto
tra le file
dei più poveri
contadini e operai.
Ma se
a voi pare
che tutto consista
nel servirsi
di parole altrui,
eccovi allora,
compagni,
la mia stilografica,
ché scrivere
potete
voi stessi.

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