Mi hai mostrato l’isola
che celi in te.
Mi hai mostrato la friabile sabbia
nella quale setacciavamo i tuoi amletici «se».
Rincorrevi lucciole e illusioni tra soffici e fragili soffioni
cercando comunque di sottrarti alla paura.
Eri il silenzio nelle composizioni delle serate di primavera.
Eri tu.
Il mio più sublime e misterioso canto.
Mi hai mostrato l’isola
che celi in te.
Me l’hai mostrata solo per un momento,
dopo l’hai nascosta di nuovo nelle tonsille del futuro.
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