19 giugno 2019

Lettere dfal carcere - antonio Gramsci

 Lettere dfal carcere - antonio Gramsci

20 febbraio 1928
Carissima Teresina,
ho ricevuto la tua lettera del 30 gennaio e la fotografia dei tuoi bambini. Ti ringrazio e sarò molto contento di ricevere altre tue lettere.
Il peggiore guaio della mia attuale vita è la noia. Queste giornate sempre uguali, queste ore e questi minuti che si succedono con la monotonia di uno stillicidio, hanno finito per corrodermi i nervi. Almeno i primi tre mesi dopo l'arresto furono molto movimentati: sballottato da un estremo all'altro della penisola, sia pure con molte sofferenze fisiche, non avevo tempo di annoiarmi. Sempre nuovi spettacoli da osservare, nuovi tipi d'eccezione da catalogare: davvero mi pareva di vivere in una novella fantastica. Ma ormai da più di un anno sono fermo a Milano, in ozio forzato. Posso leggere, ma non posso studiare, perché non mi è stato concesso di avere carta e penna a mia disposizione, neppure con tutta la sorveglianza domandata dal capo, dato che passo per essere un terribile individuo, capace di mettere il fuoco ai quattro angoli del paese o giù di lì. La corrispondenza è la mia piú grande distrazione. Ma pochissima gente mi scrive. Da un mese poi mia cognata è ammalata e non ho neanche più il colloquio settimanale con lei.
Mi preoccupa molto lo stato d'animo della mamma, d'altronde non so come fare per rassicurarla e consolarla. Vorrei infonderle la convinzione che io sono tranquillissimo, come realmente sono, ma vedo che non riesco. C'è tutta una zona di sentimento e di modi di pensare che costituisce una specie di abisso tra noi. Per lei il mio incarceramento è una terribile disgrazia alquanto misteriosa nelle sue concatenazioni di cause ed effetti; per me è un episodio della lotta politica che si combatteva e si continuerà a combattere non solo in Italia, ma in tutto il mondo, per chissà quanto tempo ancora. Io sono rimasto preso, così come durante la guerra si poteva cadere prigionieri, sapendo che questo poteva avvenire e che poteva avvenire anche di peggio. Ma temo che anche tu la pensi come la mamma e che queste spiegazioni ti rassomiglino a un indovinello espresso ancora in una lingua sconosciuta.
Ho osservato a lungo la fotografia, confrontandola con quelle che mi avevi mandato prima. – (Ho dovuto interrompere la lettera, per farmi fare la barba; non ricordo più ciò che volevo scrivere e non ho voglia di ripensarci. Sarà per un'altra volta).
Saluti affettuosi a tutti. Ti abbraccio. Nino

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