27 febbraio 2015

Il club del crimine - Weldon Kess

 fotogramma di "the Big Sleep"
 Il club del crimine - Weldon Kess

Nessun maggiordomo né fantesca, niente sangue sulle scale.
Nessuna zia lunatica, né giardiniere, o amico di famiglia
sorridenti tra bric-a-brac e assassinio.
Solo una villa con la porta spalancata
e un cane che abbaia a uno scoiattolo, e le auto
che passano. Il cadavere parecchio morto. La moglie in Florida.

Esamina gli indizi: lo schiacciapatate in un vaso,
la foto strappata della squadra di Basket della Wesleyan,
sparpagliata con delle ricevute di assegni nell’ingresso;
una lettera d’ammiratore mai spedita a Shirley Temple,
il distintivo di Hoover sul bavero del trapassato,
il biglietto: “Essere ucciso così mi va benone”.

Non c’è da sorprendersi allora che il caso sia irrisolto,
o che il detective, Le Roux, sia adesso un pazzo incurabile,
e sieda da solo col suo camice bianco in una camera bianca
e urli che il mondo intero è pazzo, che gli indizi
non portano da nessuna parte, o a pareti tanto alte
che non se ne vede la sommità; che urli della guerra
tutto il giorno, urli che niente può essere risolto.


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