9 settembre 2015

Allora sulla scala della terra – Pablo Neruda

foto da direttanews.it - Macchu Picchu
 Allora sulla scala della terra – Pablo Neruda

Allora sulla scala della terra sono salito
tra l'atroce intrico delle selve perdute
fino a te, Macchu Picchu.
Alta città di pietre fatte a scale,
alfin dimora di colui che il terrestre
non nascose nelle addormentate vesti.
In te, come due linee parallele,
la culla del lampo e dell'uomo
si dondolavano in un vento di spine.

Madre di pietra, schiuma dei condor.

Alta scogliera dell'aurora umana.

Pala sperduta nella prima arena.

Questa fu la dimora, questo il luogo:
qui gli ampi grani del mais ascesero
e discesero di nuovo come grandine rossa.

Qui fibra dorata uscì dalla vigogna
a vestire gli amori, i tumuli, le madri,
il re, le orazioni, i guerrieri.

Qui i piedi dell'uomo riposarono di notte
presso i piedi dell'aquila, nelle alte tane
carnivore, e nell'aurora
calpestarono con i piedi del tuono la nebbia rarefatta,
e toccarono le terre e le pietre
fino a riconoscerle nella notte o nella morte.
Guardo le vesti e le mani,
la traccia dell'acqua nella cavità sonora,
la parete levigata dal tatto di un volto
che guardò coi miei occhi le lampade terrestri,
che obliò con le mie mani gli scomparsi
legni: perché tutto, vesti, pelle, vasellame,
parole, vino, pani,
scomparve, cadde nella terra.

E l'aria entrò con dita
di zagara su tutti gli addormentati:
mille anni d'aria, mesi, settimane d'aria,
di vento azzurro, di cordigliera ferrea,
che furono come dolci uragani di passi
che levigarono il solitario recinto della pietra.

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