2 settembre 2015

Succede che mi stanco - Pablo Neruda

Succede che mi stanco - Pablo Neruda

Succede che mi stanco di essere uomo.
Succede che entro nelle sartorie e nei cinema
avvizzito, impenetrabile, come un cigno di feltro
che naviga in un'acqua di origine e di cenere.

L'odore dei barbieri mi fa piangere e stridere
Voglio solo un riposo di ciottoli o di lana.
Non voglio più vedere stabilimenti e giardini
mercanzie, occhiali e ascensori.

Succede che mi stanco dei miei piedi
e delle mie unghie
e dei miei capelli e della mia ombra.
Succede che mi stanco di essere uomo.

Tuttavia sarebbe delizioso
spaventare un notaio con un giglio reciso
o dar la morte ad una monaca con un colpo d'orecchio.
Sarebbe bello andare nelle vie con un coltello verde
e gettare grida fino a morire di freddo.

Non voglio più essere radice nelle tenebre,
barcollante, con brividi di sonno, proteso all'ingiù
nelle fradice argille della terra
assorbendo e pensando, mangiando tutti i giorni.

Non voglio per me tante disgrazie.
Non voglio più essere radice e tomba
sotterraneo deserto, stiva di morti,
intirizzito, morente di pena.

E perciò il lunedì brucia come il petrolio
quando mi vede giungere col mio volto di carcere
e urla nel suo corso come ruota ferita
e muove passi di sangue caldo verso la notte.

E mi spinge in certi angoli, in certe case umide,
in ospedali dove le ossa escono dalla finestra,
in certe calzolerie che puzzano d'aceto,
in strade spaventose come crepe.

Vi sono uccelli color zolfo e orribili intestini
appesi alle porte delle case che odio,
vi sono dentiere dimenticate in una caffetteria
vi sono specchi
che avrebbero dovuto piangere di vergogna e spavento,
vi sono ombrelli dappertutto e veleni e ombelichi.
Io passeggio con calma, con occhi, con scarpe,
con furia, con oblio
passo attraverso uffici e negozi ortopedici
e cortili con panni tesi a un filo metallico;
mutande, camicie e asciugamani che piangono
lente lacrime sporche.

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