6 giugno 2019

da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia

Domenico Gnoli - Shoe, 1969
da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia

Il letto largo e basso occupava un angolo interno; ella vi si distese e guardò la stanza: nella penombra che quella sola lampada accesa presso il capezzale non rompeva, s'intravedevano due armadi dagli specchi lucidi, uno a destra della porta del salotto, l'altro dalla parte opposta; e non c'era altro; la finestra occupava tutta la parete opposta, era bassa, rettangolare, con piccoli vetri; aveva delle mezze tendine candide; sotto la finestra c'era il termosifone nascosto da una specie di griglia; le persiane erano chiuse, la porta del salotto era chiusa, e così anche quella del bagno che ella vedeva di sbieco, dai vetri illuminati blandamente come le pareti di un acquario se ci batte il sole. Abbassò gli occhi, una gran spoglia d'orso, bianca e irsuta, stava distesa ai suoi piedi: aveva occhi di celluloide gialla, una bocca spalancata piena di denti aguzzi; la pelle piatta dalle zampe corte e dalla coda esigua dava l'impressione che un rullo gigantesco l'avesse a quel modo spianata, non lasciando intatta che la testa feroce. Si alzò, fece macchinalmente qualche passo per la stanza, toccò la stufa che era calda, allargò una tendina, poi si voltò: dietro quei vetri luminosi della porta del bagno, l'ombra dell'amante passava e ripassava, si udiva un getto d'acqua scrosciare, altri rumori... Allora, non senza aver osservato negli specchi cupi degli armadi la sua figura scapigliata e spaurita, tornò al letto e incominciò a spogliarsi.

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