2 giugno 2015

Carta d'identità - Mueen Bsyso

Artemisia Gentileschi - Giuditta che decapita Oloferne 
Carta d'identità - Mueen Bsyso

Ho ballato su tutti i soffitti, su tutte le finestre,
e tutti i tetti delle celle delle prigioni.
Ho mangiato tuono nero con forchetta e coltello
nei piatti di tutti i carcerieri.
O mia terra, io sono il tuo poeta e cantore decapitato.
Mi sono arrampicato senza braccia
su tutte le montagne del mondo,
il mio petto è stato impresso a fuoco
con il marchio di tutte le prigioni.
Ho bussato ad ogni porta, una puttana mi nascose
ma fui tradito da un sant'uomo e tuttavia
Dio era con me.
Testimoniò alla polizia in mio favore:
“La scheda è pronta
Il vostro nome, età, indirizzo, professione”.
La sua professione era Dio,
gli presero le impronte digitali e lo fotografarono.
Egli era con me, ma dietro a me
Egli era anche il delatore.
Mi nascosero un microfono nel cuore
E i congegni d'ascolto nel cuore di Dio.
Mia terra, patria mia, da quando ti vidi barcollare ubriaca
in tutti i locali pubblici e clandestini,
m'indebitai e divenni lo schiavo di tutti gli usurai.
Ipotecai le ferite del mio viso e le ferite del mio canto,
per darti libertà – io, il decapitato.
La lampada di Aladino è rimasta senz'olio,
i nostri ulivi non danno frutti da anni.
Sansone mi dette i suoi capelli,
ma Dalila venne a cercarmi
sopra e sotto il mio letto era lei.
La mia cena quella notte era fatta
con schiuma di miti
una fetta di mito, mito maledetto.
Shashlik, stake, shawerma, kebab –
scegli, mangia quel che ti piace,
le ustioni sono le stesse sotto qualunque nome.
Il telefono squilla: “Pronto… pronto… pronto…”.
Non c'è telefono per la mia terra.
Sono privato della tua voce, privato d'udire
il pianto della tua nascita
privato perfino del rantolo della tua morte,
io sto sul palcoscenico senza sapere la mia parte.
Il suggeritore ubriaco mi ha dato
il ruolo d'un ladro, e io sono il poeta.
Io sto nel circo, ridendo d'un elefante
che balla su palle di gomma.
Rido dell'elefante dalle zanne segate
e la sega sulla fronte.
Ma guarda, patria mia, guarda colui che ride:
è il tuo poeta decapitato.
Voi siete le mie testimoni in faccia allo Sciah.
Io so che morirò, non ho mai cinto una spada,
so che morirò, ma esigerò il duello e vorrò battermi
anche se so che morirò.

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