17 luglio 2019

da Come la penso – Andrea Camilleri

Domenico Gnoli - with Black Hair
da Come la penso – Andrea Camilleri

Cinque favole politicamente scorrette
Faust 2001
Un giorno un signore quarantenne, agile, elegante, ben vestito, capelli curatissimi, faccia tirata a lucido, costosissima valigetta griffata in mano, riuscì a farsi ricevere dal Cavaliere. A questi il visitatore fece subito buona impressione: a prima vista, pareva il tipico dirigente-manager del partito che aveva fondato, poteva essere un buon acquisto in vista della prossima campagna elettorale.
«Desidera?» domandò il Cavaliere.
«Io? Io niente» fece il visitatore. «È lei che desidera qualcosa da me.»
Il Cavaliere s’irritò. Lui non aveva niente da desiderare, avendo tutto.
«Ci dev’essere un equivoco» disse brusco.
«Nessun equivoco, mi creda. Lei, ieri sera, alle diciannove e tredici esatte, solo nel suo bagno, guardandosi allo specchio ha pensato: Darei qualsiasi cosa per riavere i miei capelli. Ed eccomi qua a servirla.»
Senza dargli tempo di reagire, il visitatore aprì la valigetta, ne trasse fuori una dozzina di disegni e li posò sulla scrivania: in ognuno d’essi, la testa del Cavaliere era incoronata da una diversa, ma sempre foltissima, capigliatura: ora riccioluta, ora liscia, ora a onde…
«Scelga quella che le piace di più. Il contratto ce l’ho qua già pronto. Appena l’avrà firmato, si ritroverà in testa il modello che desidera. E le garantisco anche che, fino alla morte, non perderà più nemmeno un capello.»
«Lei quale ditta rappresenta?» domandò il Cavaliere.
«Non rappresento altro che me stesso. Non ha ancora capito chi sono?»
Lo disse in modo tale che il Cavaliere capì. Il visitatore era il Diavolo in persona. Dunque tutto quello che aveva detto era vero. Bastava concludere il patto e avrebbe riavuto i suoi capelli.
«Quindi, secondo la tradizione, lei vorrebbe in cambio la mia anima» disse lentamente il Cavaliere.
Il visitatore lo guardò, leggermente stupito, ma non aprì bocca.
Il Cavaliere sospirò, ci pensò ancora un momento, poi allungò la mano.
«E va bene, firmiamo questo contratto» fece.
A quel punto il visitatore si mise a sghignazzare.
«La sua anima? Lei vorrebbe darmi in contropartita la sua anima? Ma non lo sa che da tempo non accettiamo più anime? Era un commercio che piaceva a mio nonno, che andava sempre in perdita, poveraccio, e piaceva ancora di più ai poeti che ci ricamavano sopra.»
«E allora lei che cosa vuole in cambio?»
«L’ottantacinque per cento di tutto quello che possiede, televisioni, aziende, giornali, società, ville, tutto. Non è per niente esosa, la nostra richiesta. Pensi alla figura che farà sui manifesti elettorali, sicuramente vincerà la campagna.»
«In questo caso, preferisco farmi ritoccare le fotografie» disse il Cavaliere.
E lo congedò.

Pubblicato su «Micromega», n. 2, marzo 2001.
 

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