Lisandro Rota - Il prezzo della reputazione, 60x70
da Marcovaldo – Italo Calvino
Primavera
13 Dov'è più azzurro il fiume
Le giornate cominciavano ad allungarsi: col suo ciclomotore, dopo il lavoro Marcovaldo si spingeva a esplorare il fiume nel suo corso a monte della città, e i fiumicelli suoi affluenti. Lo interessavano soprattutto i tratti in cui l'acqua scorreva più discosta dalla strada asfaltata. Prendeva per i sentieri, tra le macchie di salici, sul suo motociclo finché poteva, poi – lasciatolo in un cespuglio – a piedi, finché arrivava al corso d'acqua. Una volta si smarrì: girava per ripe cespugliose e scoscese, e non trovava più alcun sentiero, né sapeva più da che parte fosse il fiume: a un tratto, spostando certi rami, vide, a poche braccia sotto di sé, l'acqua silenziosa – era uno slargo del fiume, quasi un piccolo calmo bacino –, d'un colore azzurro che pareva un laghetto di montagna.
L'emozione non gli impedì di scrutare giù tra le sottili increspature della corrente. Ed ecco, la sua ostinazione era premiata! un battito, il guizzo inconfondibile d'una pinna a filo della superficie, e poi un altro, un altro ancora, una felicità da non credere ai suoi occhi: quello era il luogo di raccolta dei pesci di tutto il fiume, il paradiso del pescatore, forse ancora sconosciuto a tutti tranne a lui. Tornando (già imbruniva) si fermò a incidere segni sulla corteccia degli olmi, e ad ammucchiare pietre in certi punti, per poter ritrovare il cammino. Ora non gli restava che farsi l'equipaggiamento. Veramente, già ci aveva pensato: tra i vicini di casa e il personale della ditta aveva già individuato una decina d'appassionati della pesca. Con mezze parole e allusioni, promettendo a ciascuno d'informarlo, appena ne fosse stato ben sicuro, d'un posto pieno di tinche conosciuto da lui solo, riuscì a farsi prestare un po' dall'uno un po' dall'altro un arsenale da pescatore il più completo che si fosse mai visto.
Primavera
13 Dov'è più azzurro il fiume
Le giornate cominciavano ad allungarsi: col suo ciclomotore, dopo il lavoro Marcovaldo si spingeva a esplorare il fiume nel suo corso a monte della città, e i fiumicelli suoi affluenti. Lo interessavano soprattutto i tratti in cui l'acqua scorreva più discosta dalla strada asfaltata. Prendeva per i sentieri, tra le macchie di salici, sul suo motociclo finché poteva, poi – lasciatolo in un cespuglio – a piedi, finché arrivava al corso d'acqua. Una volta si smarrì: girava per ripe cespugliose e scoscese, e non trovava più alcun sentiero, né sapeva più da che parte fosse il fiume: a un tratto, spostando certi rami, vide, a poche braccia sotto di sé, l'acqua silenziosa – era uno slargo del fiume, quasi un piccolo calmo bacino –, d'un colore azzurro che pareva un laghetto di montagna.
L'emozione non gli impedì di scrutare giù tra le sottili increspature della corrente. Ed ecco, la sua ostinazione era premiata! un battito, il guizzo inconfondibile d'una pinna a filo della superficie, e poi un altro, un altro ancora, una felicità da non credere ai suoi occhi: quello era il luogo di raccolta dei pesci di tutto il fiume, il paradiso del pescatore, forse ancora sconosciuto a tutti tranne a lui. Tornando (già imbruniva) si fermò a incidere segni sulla corteccia degli olmi, e ad ammucchiare pietre in certi punti, per poter ritrovare il cammino. Ora non gli restava che farsi l'equipaggiamento. Veramente, già ci aveva pensato: tra i vicini di casa e il personale della ditta aveva già individuato una decina d'appassionati della pesca. Con mezze parole e allusioni, promettendo a ciascuno d'informarlo, appena ne fosse stato ben sicuro, d'un posto pieno di tinche conosciuto da lui solo, riuscì a farsi prestare un po' dall'uno un po' dall'altro un arsenale da pescatore il più completo che si fosse mai visto.
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