19 luglio 2019

Maria Giudice

Maria Giudice, La maestra rossa
Maria Giudice
Nata a Codevilla (Pavia) il 27 aprile 1880, deceduta a Catania il 5 febbraio 1953, maestra elementare, dirigente socialista.

Era stata, giovanissima, attivissima propagandista tra i contadini e le contadine dell’Oltrepò pavese e nel 1902 era già la segretaria della Camera del Lavoro di Voghera. L’anno dopo Maria Giudice dirigeva la CdL di Borgo San Donnino (Parma). La sua combattività le costò le prime condanne per propaganda antimilitarista. Unitasi con l’anarchico Carlo Civardi (col quale ebbe sei figli), visse a Pavia collaborando alla stampa socialista e portandosi frequentemente in Svizzera per tenere conferenze ai lavoratori italiani là emigrati. Nel 1910 Maria Giudice si trasferì a Milano e qui riprese l’insegnamento nelle scuole elementari, accompagnandolo col “lavoro politico” fra le donne. Nel 1914 eccola a Borgosesia, dove capeggia la “Lega rossa” e viene eletta segretaria della Federazione socialista valsesiana. Per aver diretto uno sciopero di lavoratrici e lavoratori delle locali fabbriche tessili, la Giudice finisce in carcere per alcuni mesi. Lo scoppio della Prima guerra mondiale la vede impegnata nella direzione del settimanale La campana socialista, col quale sviluppa una decisa campagna antinterventista. Segretaria della Federazione torinese del PSI, nel 1916 Maria Giudice è arrestata a Torino con Umberto Terracini, col quale ha organizzato manifestazioni contro la guerra, e nel 1917 finisce davanti al Tribunale militare che le infligge oltre un anno di carcere. Carlo Civardi è intanto morto per lo scoppio di una bomba a mano durante un’esercitazione al fronte e la Giudice si difende proprio a nome dei suoi sei figli orfani di guerra. Terminato il conflitto l’insegnante si trasferisce prima in Romagna e poi in Sicilia, dove si unisce all’avvocato socialista Giuseppe Sapienza. Con lui, all’inizio della Seconda guerra mondiale è a Roma, dove partecipa alla Resistenza e redige un foglio clandestino tirato al ciclostile. Tornata nel dopoguerra a Catania, vi morirà (preceduta di qualche anno dal suo più giovane compagno, col quale ha avuto un’altra figlia), allontanandosi a poco a poco da ogni impegno politico.

fonte: Anpi - Donne e uomini della Resistenza 

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