6 agosto 2019

da “Gli amori difficili”. L'avventura di un miope, (1958) – Italo Calvino

opera di Ugo Nespolo
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un miope, (1958) – Italo Calvino

V. gli apparve sotto tutt'altra luce di quando c'era stato le ultime volte. Ma non per i cambiamenti: sì, la città era molto mutata, costruzioni nuove da tutte le parti, negozi e caffè e cinema tutt'altri da prima, la gioventù che chi la conosce? e un traffico il doppio d'una volta. Però tutto questo nuovo non faceva che accentuare e rendere più riconoscibile il vecchio, insomma Amilcare Carruga per la prima volta riusciva a rivedere la città con gli occhi di quand'era ragazzo, come se l'avesse lasciata il giorno prima. Con gli occhiali vedeva una infinità di particolari insignificanti, per esempio una certa finestra, una certa ringhiera, ossia aveva la coscienza di vederli, di sceglierli in mezzo a tutto il resto, mentre una volta li vedeva e basta. Per non dire dei visi: un giornalaio, un avvocato, alcuni
invecchiati, degli altri tali e quali. Parenti veri e propri a V. Amilcare Carruga non ne aveva più; e il gruppo degli amici più stretti anche quello s'era da tempo disperso; però di conoscenti ne aveva a non finire, e non sarebbe stato possibile altrimenti in una cittadina così piccola - quale era stata fino ai tempi in cui lui vi abitava - dove si può dire si conoscessero tutti, almeno di vista. Ora la popolazione era molto aumentata, c'era stata anche lì - come dappertutto nei centri privilegiati del Settentrione - una certa immigrazione di meridionali, la maggioranza delle facce che Amilcare incontrava erano di sconosciuti: ma appunto per questo aveva la soddisfazione di distinguere alla prima occhiata i vecchi abitanti, e gli venivano alla mente episodi, relazioni, soprannomi.

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