da Una storia semplice – Leonardo Sciascia
«Riassumiamo» disse il questore. «Riassumiamo e decidiamo... Decida, cioè, il signor procuratore: tra poco avremo i giornalisti alla porta».
Nell'ufficio del procuratore. C'era anche il colonnello dei carabinieri e da-vanti a loro, come un imputato davanti alla Corte d'Assise, il brigadiere.
«Riassumiamo, dunque... Secondo il racconto del brigadiere, non privo di e-lementi probanti, di indizi che io, confesso, ho commesso l'errore di non consi-derare come dovevo, i fatti sono quelli che brevemente esporrò. La sera del 18 arriva in questura la telefonata del signor Roccella: chiede che qualcuno vada da lui a vedere una certa cosa. Risponde il brigadiere che qualcuno, al più presto possibile, andrà. Comunica il contenuto della telefonata al commissario, si offre di andare: ma il commissario dice di non credere al ritorno, dopo tanti anni, del signor Roccella; ritiene si tratti di uno scherzo. Dice al brigadiere di fare una puntati-na a quel luogo l'indomani, se ne va dicendo che per tutta la giornata dell'indomani, festa di San Giuseppe, sarebbe stato introvabile: e lo fu davvero... È facile sospettare che abbia avvisato dei complici dell'imprevedibile ritorno del signor Roccella; e ancora più facile che ci sia andato di persona, si sia fatto aprire in quanto commissario di polizia, si sia seduto accanto a lui allo scrittoio dove il Roccella aveva cominciato a scrivere del quadro che aveva trovato; e al momento giusto, presa quella pistola che inspera-tamente si trovava sul tavolo, l'abbia impugnata con mano guantata sparandogli alla te-sta. Aveva poi messo un punto alla frase "ho trovato"; e se ne era andato chiudendosi dietro la porta, che aveva una serratura a scatto... Debbo dire, in autocritica, che quel punto dopo "ho trovato", che il brigadiere mi fece notare come incongruente, non mi fece allora impressione. Pensai che il Roccella fosse impazzito, che era arrivato a trova-re nel suicidio una soluzione e che avesse vagheggiato di suicidarsi sotto gli occhi della polizia... Ma l'indomani il morto sarebbe stato certamente scoperto: e da ciò la necessità dello sgombero. Nella notte, tutta la banda fu chiamata a raccolta: quadro e altri strumenti di lavoro clandestino furono trasferiti».
«Dove?» domandò il magistrato.
«Secondo il brigadiere, e anche secondo me, alla stazione di Monterosso, dove ca-postazione e manovale erano già della congrega, anche se marginalmente, a livello di diffusori, di spacciatori... Indubbiamente, a vedersi arrivare tutta quella roba volumi-nosa e compromettente, capostazione e manovale si spaventarono. Protestarono, forse minacciarono: e furono uccisi. Erano già stati uccisi quando alla stazione arrivò l'uomo della Volvo; e perciò la loro fuga precipitosa... L'uomo della Volvo non vide il capo-stazione e il manovale: vide i loro assassini... Questo lo abbiamo accertato facendogli vedere le fotografie del capostazione e del manovale: mai visti... Poi c'è stato l'episodio dell'interruttore: che non impressionò soltanto il brigadiere».
«Che cretino!» disse il magistrato: ad elogio funebre del commissario. E poi: «Ma caro questore, ma caro colonnello, questo è troppo poco... Se provassimo a ribaltare que-sta storia nella considerazione che il brigadiere mente e che è lui il protagonista dei fatti di cui accusa il commissario?».
Il questore e il colonnello si scambiarono con lo sguardo quel «Dio mio!» e quel «Terrificante!» che giorni prima si erano scambiati a voce.
«Non è possibile» dissero tutti e due. Poi il questore invitò il brigadiere ad uscire: «Aspetta in anticamera, ti chiameremo tra cinque minuti».
Lo richiamarono più di un'ora dopo.
«Incidente» disse il magistrato.
«Incidente» disse il questore.
«Incidente» disse il colonnello.
E perciò sui giornali: Brigadiere uccide incidentalmente, mentre pulisce la pistola, il commissario capo della polizia giudiziaria.
Mentre in questura ferveva l'allestimento della camera ardente per il commis-sario (solenni sarebbero stati i funerali), l'uomo della Volvo, tirato fuori dal car-cere, vi fu portato per gli adempimenti burocratici per cui sarebbe stato, final-mente, completamente libero.
Assolti quegli adempimenti, ne stava uscendo scarmigliato e angosciosamen-te ilare, quando sulla soglia incontrò padre Cricco in nicchio, cotta e stola, che veniva a benedire la salma.
Padre Cricco lo fermò di un gesto. Disse: «Mi pare di conoscerla: lei è della mia parrocchia?».
«Ma che parrocchia? Io non ho parrocchia» disse l'uomo; e uscì con gioiosa furia.
Trovò al posteggio, con cedola di contravvenzione, la sua Volvo. Ma gli parve una cosa da riderne, tanto era contento.
Uscì dalla città cantando. Ma ad un certo punto fermò di colpo la macchina, tornò ad incupirsi, ad angosciarsi. «Quel prete,» si disse «quel prete... L'avrei ri-conosciuto subito, se non fosse stato vestito da prete: era il capostazione, quello che avevo creduto fosse il capostazione».
Pensò di tornare indietro, alla questura. Ma un momento dopo: «E che, vado di nuovo a cacciarmi in un guaio, e più grosso ancora?».
Riprese cantando la strada verso casa.
«Riassumiamo» disse il questore. «Riassumiamo e decidiamo... Decida, cioè, il signor procuratore: tra poco avremo i giornalisti alla porta».
Nell'ufficio del procuratore. C'era anche il colonnello dei carabinieri e da-vanti a loro, come un imputato davanti alla Corte d'Assise, il brigadiere.
«Riassumiamo, dunque... Secondo il racconto del brigadiere, non privo di e-lementi probanti, di indizi che io, confesso, ho commesso l'errore di non consi-derare come dovevo, i fatti sono quelli che brevemente esporrò. La sera del 18 arriva in questura la telefonata del signor Roccella: chiede che qualcuno vada da lui a vedere una certa cosa. Risponde il brigadiere che qualcuno, al più presto possibile, andrà. Comunica il contenuto della telefonata al commissario, si offre di andare: ma il commissario dice di non credere al ritorno, dopo tanti anni, del signor Roccella; ritiene si tratti di uno scherzo. Dice al brigadiere di fare una puntati-na a quel luogo l'indomani, se ne va dicendo che per tutta la giornata dell'indomani, festa di San Giuseppe, sarebbe stato introvabile: e lo fu davvero... È facile sospettare che abbia avvisato dei complici dell'imprevedibile ritorno del signor Roccella; e ancora più facile che ci sia andato di persona, si sia fatto aprire in quanto commissario di polizia, si sia seduto accanto a lui allo scrittoio dove il Roccella aveva cominciato a scrivere del quadro che aveva trovato; e al momento giusto, presa quella pistola che inspera-tamente si trovava sul tavolo, l'abbia impugnata con mano guantata sparandogli alla te-sta. Aveva poi messo un punto alla frase "ho trovato"; e se ne era andato chiudendosi dietro la porta, che aveva una serratura a scatto... Debbo dire, in autocritica, che quel punto dopo "ho trovato", che il brigadiere mi fece notare come incongruente, non mi fece allora impressione. Pensai che il Roccella fosse impazzito, che era arrivato a trova-re nel suicidio una soluzione e che avesse vagheggiato di suicidarsi sotto gli occhi della polizia... Ma l'indomani il morto sarebbe stato certamente scoperto: e da ciò la necessità dello sgombero. Nella notte, tutta la banda fu chiamata a raccolta: quadro e altri strumenti di lavoro clandestino furono trasferiti».
«Dove?» domandò il magistrato.
«Secondo il brigadiere, e anche secondo me, alla stazione di Monterosso, dove ca-postazione e manovale erano già della congrega, anche se marginalmente, a livello di diffusori, di spacciatori... Indubbiamente, a vedersi arrivare tutta quella roba volumi-nosa e compromettente, capostazione e manovale si spaventarono. Protestarono, forse minacciarono: e furono uccisi. Erano già stati uccisi quando alla stazione arrivò l'uomo della Volvo; e perciò la loro fuga precipitosa... L'uomo della Volvo non vide il capo-stazione e il manovale: vide i loro assassini... Questo lo abbiamo accertato facendogli vedere le fotografie del capostazione e del manovale: mai visti... Poi c'è stato l'episodio dell'interruttore: che non impressionò soltanto il brigadiere».
«Che cretino!» disse il magistrato: ad elogio funebre del commissario. E poi: «Ma caro questore, ma caro colonnello, questo è troppo poco... Se provassimo a ribaltare que-sta storia nella considerazione che il brigadiere mente e che è lui il protagonista dei fatti di cui accusa il commissario?».
Il questore e il colonnello si scambiarono con lo sguardo quel «Dio mio!» e quel «Terrificante!» che giorni prima si erano scambiati a voce.
«Non è possibile» dissero tutti e due. Poi il questore invitò il brigadiere ad uscire: «Aspetta in anticamera, ti chiameremo tra cinque minuti».
Lo richiamarono più di un'ora dopo.
«Incidente» disse il magistrato.
«Incidente» disse il questore.
«Incidente» disse il colonnello.
E perciò sui giornali: Brigadiere uccide incidentalmente, mentre pulisce la pistola, il commissario capo della polizia giudiziaria.
Mentre in questura ferveva l'allestimento della camera ardente per il commis-sario (solenni sarebbero stati i funerali), l'uomo della Volvo, tirato fuori dal car-cere, vi fu portato per gli adempimenti burocratici per cui sarebbe stato, final-mente, completamente libero.
Assolti quegli adempimenti, ne stava uscendo scarmigliato e angosciosamen-te ilare, quando sulla soglia incontrò padre Cricco in nicchio, cotta e stola, che veniva a benedire la salma.
Padre Cricco lo fermò di un gesto. Disse: «Mi pare di conoscerla: lei è della mia parrocchia?».
«Ma che parrocchia? Io non ho parrocchia» disse l'uomo; e uscì con gioiosa furia.
Trovò al posteggio, con cedola di contravvenzione, la sua Volvo. Ma gli parve una cosa da riderne, tanto era contento.
Uscì dalla città cantando. Ma ad un certo punto fermò di colpo la macchina, tornò ad incupirsi, ad angosciarsi. «Quel prete,» si disse «quel prete... L'avrei ri-conosciuto subito, se non fosse stato vestito da prete: era il capostazione, quello che avevo creduto fosse il capostazione».
Pensò di tornare indietro, alla questura. Ma un momento dopo: «E che, vado di nuovo a cacciarmi in un guaio, e più grosso ancora?».
Riprese cantando la strada verso casa.
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