19 settembre 2019

Un amore – Dino Buzzati

dipinto di Felice Casorati
Un amore – Dino Buzzati

Antonio si ricordò di avere assistito anche a uno slow, una specie di danza dell’apache modernizzata, con lei che veniva sbattuta a terra ripetutamente, malmenata e trascinata per i capelli. Laide doveva fare qualcosa del genere.
«E, scusa, come fai con la Scala?»
«A mezzanotte, anche se c’è spettacolo, la Scala è finita, al più tardi alla mezza.»
«E tua sorella sa che balli al Due?»
«Madonna. Guai se lo sapesse.»
«E a che ora torni a casa? alle tre? alle quattro?» «Guarda, al più tardi all’una, all’una e mezza. Eh, altrimenti mia sorella!»
C’era molto di inverosimile, in tutte queste storie. Che la Ermelina, per esempio, non conoscesse il suo numero di telefono. Che sua sorella non sapesse la vita che faceva e ignorasse le sue esibizioni notturne al Due. Che la Scala le permettesse di ballare in un ritrovo tutt’altro che serio. Ma lei parlava con una tale sicurezza, un tale accento di assoluta sincerità che era impossibile non crederle, si sarebbe dovuto pensare a un vero mostro.
D’altra parte che gliene importava? L’avrebbe avuta ancora un paio di volte al massimo, la Laide. Poi se ne sarebbe stufato per il venir meno della curiosità. Lei non era certo di quelle sapienti artigiane che sanno rinnovare il desiderio anche dopo lunghissima frequenza. Se le aveva chiesto di lei e della sua vita, era solo per il fascino che esercitava su di lui l’ambiente sconosciuto, la esistenza di quelle ragazzette. Come vivevano? Con quali aspirazioni? Come facevano a resistere? Chi erano i loro veri uomini? Esse partecipavano del mondo delle famiglie oneste e normali e insieme della malavita, frequentavano i più ricchi figli di famiglia, entravano nelle loro ville sontuose, salivano a bordo delle loro Ferrari e dei loro yachts illudendosi di appartenere alla loro società ma in realtà adoperate da questi signori come puro strumento di svago e di libidine e perciò totalmente disprezzate. Entravano come ospiti di riguardo nelle garçonnières dei miliardari ma se piantavano grane o non si sottomettevano docilmente ai capricci più osceni e umilianti, o chiedevano diecimila lire in più, venivano magari poi cacciate a sberle, da uomini ubriachi, con epiteti infamanti, tal quale le infime da marciapiedi.

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