Andrew Wyeth - Pine Baron 1976
Colloquio col figlio - Enrico BoniniFiglio, hai l'età che il sole riverbera
sull'uve dai grani verdi,
nelle vigne che l'agosto avvampa,
grani saldi tra pendule foglie,
tenere madri che sporgono amorose braccia
a riparare i nati ora cresciuti,
spalancati ai voli e alle cadute.
Hai l'età del giovane cervo
che bruca, l'occhio attento
ai moti primi del bosco
se mai fulva cerbiatta
appaia e d'improvviso si conceda
ai freschi baci dell'erba
in rapida, composta fuga.
Senza orecchio attento
alle malizie antiche
del cacciatore:
l'eterno agguato delle cose.
Figlio, hai giovane età,
fresca di pensieri,
docile agli antichi richiami,
vibratamente tesa ai nuovi colori,
ai suoni puri, già consueti, di sempre.
Hai età nuova, figlio, e se ti parlo
è un Dio d'amore che mi spinge a farlo.
Figlio, la luna è spalancata come un'arancia
e i tuoi desideri sono certo lievi come i cento
inviti notturni che incantano i suoni
delle fontane e fermano i respiri
degli alberi, il crudo tumulto
dei tram.
E' la città che dorme con le seduzioni
fatte di poco.
Figlio, come frana il silenzio
e come la voce di tuo padre è bianca,
ora già breve.
Ora c'hai l'età dei giovani cedri,
l'età che sfiora con le ali il gabbiano,
ora che devi sapere» la vigilia della tua vita
coi misteri naturali dei fiori che nascono e muoiono,
ora ch'io devo dirti del mondo e delle sue cose,
tutte le sue cose, e non dimenticarne...
...ora, tuo padre, ha voce debole
e cuore trepido...
le lacrime gli fanno velo agli occhi...
ti vedo crescere avanti a me
come un giovane dio.
E ringrazio il Signore, piango e ti sorrido,
accolgo le tue mani fra le mie,
muovo appena le labbra aride,
rasciugate dalle mie arsure di sempre,
e non dico più nulla...
Dagli occhi e dalla mia stretta umana
tu sai, ora, dei fiori e dei loro misteri,
dove non sono aride formule e numeri,
dove non giunge l'acredine solita
della vita con le sue carte e le gerarchie
vuote e inutili,
l'inimicizia degli uomini.
Ti inizio al vivere di sempre
con la semplice mano nella mano,
uomo a uomo,
e sento il sangue che mi sgorga
in te
e beatamente muoio
in questa migrazione di vita
che ti dono
Dio sa a quale cuore,
felice come mai è stato
felice il tuo povero padre, Fernando.
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