dipinto di Domenico Gnoli
da “Gli amori difficili”. L'avventura di una moglie, (1958). Italo Calvino
La signora Stefania R. stava rincasando alle sei del mattino. Era la prima volta. L'auto non s'era fermata davanti al portone ma un po' prima, all'angolo. Era stata lei a pregare Fornero che la lasciasse lì, perché non voleva far vedere alla portinaia che mentre il marito era in viaggio lei rincasava all'alba accompagnata da un giovanotto. Fornero, appena spento il motore, fece per cingerle le spalle. Stefania R. si tirò indietro, come se la vicinanza della casa rendesse tutto diverso. Scappò dall'auto con una fretta improvvisa, si chinò a far cenno a Fornero di rimettere in moto, d'andarsene, e s'avviò a piedi, coi suoi passetti veloci, il viso sprofondato nel bavero. Era un'adultera?
Il portone invece era ancora chiuso. Stefania R. non se l'aspettava. Non aveva la chiave. Era perché non aveva la chiave che aveva passato la notte fuori. Tutta la storia era lì: ci sarebbero stati cento modi di riuscire a farsi aprire, fino a una cert'ora; o meglio: avrebbe dovuto pensarci prima, che non aveva la chiave; invece niente, come se lo avesse fatto apposta. Senza la chiave era uscita nel pomeriggio perché credeva di tornare a cena a casa, invece s'era lasciata trascinare da quelle amiche che non rivedeva da tanto, e da quei ragazzi amici loro, tutta una comitiva, prima a cenare e poi a bere e a ballare a casa dell'uno e dell'altro. Si capisce che alle due di notte era troppo tardi per ricordarsi che era senza chiave. Tutto perché s'era un po' innamorata di quel ragazzo, Fornero. S'era innamorata? S'era un po' innamorata. Bisognava vedere le cose nei loro giusti termini: né di più né di meno. Aveva passato la notte con lui, è vero: ma quella era un'espressione troppo forte, che non era proprio il caso d'usare; aveva aspettato in compagnia di quel ragazzo che venisse l'ora in cui si riapriva il portone.
(…)
La signora Stefania R. stava rincasando alle sei del mattino. Era la prima volta. L'auto non s'era fermata davanti al portone ma un po' prima, all'angolo. Era stata lei a pregare Fornero che la lasciasse lì, perché non voleva far vedere alla portinaia che mentre il marito era in viaggio lei rincasava all'alba accompagnata da un giovanotto. Fornero, appena spento il motore, fece per cingerle le spalle. Stefania R. si tirò indietro, come se la vicinanza della casa rendesse tutto diverso. Scappò dall'auto con una fretta improvvisa, si chinò a far cenno a Fornero di rimettere in moto, d'andarsene, e s'avviò a piedi, coi suoi passetti veloci, il viso sprofondato nel bavero. Era un'adultera?
Il portone invece era ancora chiuso. Stefania R. non se l'aspettava. Non aveva la chiave. Era perché non aveva la chiave che aveva passato la notte fuori. Tutta la storia era lì: ci sarebbero stati cento modi di riuscire a farsi aprire, fino a una cert'ora; o meglio: avrebbe dovuto pensarci prima, che non aveva la chiave; invece niente, come se lo avesse fatto apposta. Senza la chiave era uscita nel pomeriggio perché credeva di tornare a cena a casa, invece s'era lasciata trascinare da quelle amiche che non rivedeva da tanto, e da quei ragazzi amici loro, tutta una comitiva, prima a cenare e poi a bere e a ballare a casa dell'uno e dell'altro. Si capisce che alle due di notte era troppo tardi per ricordarsi che era senza chiave. Tutto perché s'era un po' innamorata di quel ragazzo, Fornero. S'era innamorata? S'era un po' innamorata. Bisognava vedere le cose nei loro giusti termini: né di più né di meno. Aveva passato la notte con lui, è vero: ma quella era un'espressione troppo forte, che non era proprio il caso d'usare; aveva aspettato in compagnia di quel ragazzo che venisse l'ora in cui si riapriva il portone.
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