disegno di Cinzia Damonte
da “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” - Luis Sepúlveda
Zorba scese rapidamente dal tronco dell’ippocastano, attraversò il cortile interno a tutta velocità evitando di essere visto da alcuni cani randagi, uscì in strada, si assicurò che non arrivassero auto, attraversò e corse in direzione del Cuneo, un ristorante italiano del porto.
Due gatti che frugavano in un bidone della spazzatura lo videro passare.
«Accidenti, amico! Vedi anche tu quello che vedo io? Ma che bel ciccione» miagolò uno di loro.
«Sì, amico. E com’è nero. Più che una palla di grasso sembra una palla di catrame. Dove vai, palla di catrame?» chiese l’altro.
Benché fosse molto preoccupato per la gabbiana, Zorba non era disposto a sopportare le provocazioni di quei due poco di buono. Per cui frenò, rizzò i peli sulla schiena e saltò sopra il bidone della spazzatura. Lentamente tese una delle zampe davanti, tirò fuori un artiglio lungo come un cerino, e lo avvicinò al muso di uno dei provocatori.
«Ti piace? Ne ho altri nove. Vuoi provarli sulla spina dorsale?» miagolò con tutta calma.
Il gatto con l’artiglio davanti agli occhi ingoiò la saliva prima di rispondere.
«No, capo. Ma che bella giornata! Non le pare?» miagolò senza smettere di fissare l’artiglio.
«E tu che dici?» miagolò Zorba all’altro gatto.
«Dico anch’io che è una bellissima giornata, ottima per passeggiare, anche se un po’ fredda».
Sistemata la faccenda, Zorba riprese la sua strada fino ad arrivare davanti alla porta del ristorante. Dentro, i camerieri preparavano i tavoli per i clienti di mezzogiorno. Zorba miagolò tre volte e aspettò seduto sulla soglia. Dopo pochi minuti arrivò Segretario, un gatto romano molto magro e con solo due baffi, uno a destra e uno a sinistra del naso.
«Ci dispiace molto, ma se non ha prenotato non potremo servirla. Siamo al completo» miagolò come saluto. Stava per aggiungere qualcos’altro, ma Zorba lo interruppe.
«Ho bisogno di miagolare con Colonnello. È urgente».
«Urgente! Sempre con urgenze all’ultimo minuto! Vedrò cosa posso fare, ma solo perché si tratta di un’urgenza» miagolò Segretario e rientrò nel ristorante.
Colonnello era un gatto dall’età indefinibile. Alcuni dicevano che aveva tanti anni quanti il ristorante che gli dava alloggio, mentre altri sostenevano che era ancora più vecchio. Ma la sua età non importava, perché Colonnello possedeva uno strano talento per dar consigli a chi si trovava in difficoltà, e per quanto non risolvesse mai alcun problema, i suoi consigli per lo meno davano un po’ di conforto. Grazie alla sua vecchiaia e alla sua grande dote, Colonnello era una vera autorità fra i gatti del porto.
Segretario tornò indietro di corsa.
«Seguimi. Colonnello ti riceverà, ma in via del tutto eccezionale» miagolò.
Zorba lo seguì. Passando sotto i tavoli e le sedie della sala da pranzo arrivarono alla porta della cantina. Scesero a balzi i gradini di una scala stretta, e di sotto trovarono Colonnello, con la coda ben ritta, che controllava i tappi di alcune bottiglie di champagne.
«Mannaggia! I topi hanno rosicchiato i tappi del migliore champagne della casa. Zorba! Caro guaglione!» lo salutò Colonnello, che aveva l’abitudine di miagolare parole in napoletano.
«Scusa se ti disturbo nel bel mezzo del lavoro, ma ho un problema grave e mi occorre un consiglio» miagolò Zorba.
«Sono al tuo servizio, caro guaglione. Segretario! Servi al mio amico un poco di quegli spaghetti con la pummarola ’n coppa che ci hanno dato stamattina» ordinò Colonnello.
«Ma se li ha mangiati tutti lei! Non mi ha lasciato nemmeno sentire l’odore!» si lamentò Segretario.
Zorba ringraziò spiegando che non aveva fame e riferì rapidamente il movimentato arrivo della gabbiana, le sue penose condizioni, e le promesse che si era visto costretto a farle. Il vecchio gatto ascoltò in silenzio, poi meditò accarezzandosi i lunghi baffi, e alla fine miagolò risoluto: «Mannaggia! Bisogna aiutare quella povera gabbiana a riprendere il volo».
«Sì, ma come?» miagolò Zorba.
«La cosa migliore è consultare Diderot» osservò Segretario.
«È esattamente ciò che stavo per suggerire. Ma perché questo mi toglie i miagolii di bocca?» reclamò Colonnello.
«Sì. È una buona idea. Andrò da Diderot» miagolò Zorba.
«Andremo assieme. I problemi di un gatto del porto sono problemi di tutti i gatti del porto» dichiarò solennemente Colonnello.
I tre gatti uscirono dalla cantina e, attraversando il labirinto di cortili interni delle case lungo il porto, corsero verso il tempio di Diderot.
Traduzione di Ilide Carmignani
Zorba scese rapidamente dal tronco dell’ippocastano, attraversò il cortile interno a tutta velocità evitando di essere visto da alcuni cani randagi, uscì in strada, si assicurò che non arrivassero auto, attraversò e corse in direzione del Cuneo, un ristorante italiano del porto.
Due gatti che frugavano in un bidone della spazzatura lo videro passare.
«Accidenti, amico! Vedi anche tu quello che vedo io? Ma che bel ciccione» miagolò uno di loro.
«Sì, amico. E com’è nero. Più che una palla di grasso sembra una palla di catrame. Dove vai, palla di catrame?» chiese l’altro.
Benché fosse molto preoccupato per la gabbiana, Zorba non era disposto a sopportare le provocazioni di quei due poco di buono. Per cui frenò, rizzò i peli sulla schiena e saltò sopra il bidone della spazzatura. Lentamente tese una delle zampe davanti, tirò fuori un artiglio lungo come un cerino, e lo avvicinò al muso di uno dei provocatori.
«Ti piace? Ne ho altri nove. Vuoi provarli sulla spina dorsale?» miagolò con tutta calma.
Il gatto con l’artiglio davanti agli occhi ingoiò la saliva prima di rispondere.
«No, capo. Ma che bella giornata! Non le pare?» miagolò senza smettere di fissare l’artiglio.
«E tu che dici?» miagolò Zorba all’altro gatto.
«Dico anch’io che è una bellissima giornata, ottima per passeggiare, anche se un po’ fredda».
Sistemata la faccenda, Zorba riprese la sua strada fino ad arrivare davanti alla porta del ristorante. Dentro, i camerieri preparavano i tavoli per i clienti di mezzogiorno. Zorba miagolò tre volte e aspettò seduto sulla soglia. Dopo pochi minuti arrivò Segretario, un gatto romano molto magro e con solo due baffi, uno a destra e uno a sinistra del naso.
«Ci dispiace molto, ma se non ha prenotato non potremo servirla. Siamo al completo» miagolò come saluto. Stava per aggiungere qualcos’altro, ma Zorba lo interruppe.
«Ho bisogno di miagolare con Colonnello. È urgente».
«Urgente! Sempre con urgenze all’ultimo minuto! Vedrò cosa posso fare, ma solo perché si tratta di un’urgenza» miagolò Segretario e rientrò nel ristorante.
Colonnello era un gatto dall’età indefinibile. Alcuni dicevano che aveva tanti anni quanti il ristorante che gli dava alloggio, mentre altri sostenevano che era ancora più vecchio. Ma la sua età non importava, perché Colonnello possedeva uno strano talento per dar consigli a chi si trovava in difficoltà, e per quanto non risolvesse mai alcun problema, i suoi consigli per lo meno davano un po’ di conforto. Grazie alla sua vecchiaia e alla sua grande dote, Colonnello era una vera autorità fra i gatti del porto.
Segretario tornò indietro di corsa.
«Seguimi. Colonnello ti riceverà, ma in via del tutto eccezionale» miagolò.
Zorba lo seguì. Passando sotto i tavoli e le sedie della sala da pranzo arrivarono alla porta della cantina. Scesero a balzi i gradini di una scala stretta, e di sotto trovarono Colonnello, con la coda ben ritta, che controllava i tappi di alcune bottiglie di champagne.
«Mannaggia! I topi hanno rosicchiato i tappi del migliore champagne della casa. Zorba! Caro guaglione!» lo salutò Colonnello, che aveva l’abitudine di miagolare parole in napoletano.
«Scusa se ti disturbo nel bel mezzo del lavoro, ma ho un problema grave e mi occorre un consiglio» miagolò Zorba.
«Sono al tuo servizio, caro guaglione. Segretario! Servi al mio amico un poco di quegli spaghetti con la pummarola ’n coppa che ci hanno dato stamattina» ordinò Colonnello.
«Ma se li ha mangiati tutti lei! Non mi ha lasciato nemmeno sentire l’odore!» si lamentò Segretario.
Zorba ringraziò spiegando che non aveva fame e riferì rapidamente il movimentato arrivo della gabbiana, le sue penose condizioni, e le promesse che si era visto costretto a farle. Il vecchio gatto ascoltò in silenzio, poi meditò accarezzandosi i lunghi baffi, e alla fine miagolò risoluto: «Mannaggia! Bisogna aiutare quella povera gabbiana a riprendere il volo».
«Sì, ma come?» miagolò Zorba.
«La cosa migliore è consultare Diderot» osservò Segretario.
«È esattamente ciò che stavo per suggerire. Ma perché questo mi toglie i miagolii di bocca?» reclamò Colonnello.
«Sì. È una buona idea. Andrò da Diderot» miagolò Zorba.
«Andremo assieme. I problemi di un gatto del porto sono problemi di tutti i gatti del porto» dichiarò solennemente Colonnello.
I tre gatti uscirono dalla cantina e, attraversando il labirinto di cortili interni delle case lungo il porto, corsero verso il tempio di Diderot.
Traduzione di Ilide Carmignani
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