19 novembre 2018

O bianca Galatea - Teocrito

Raffaello Sanzio - Trionfo di Galatea, 1512, affresco cm 295 x 225, Villa Farnesina, Roma
O bianca Galatea - Teocrito

«O bianca Galatèa, perché respingi chi ti ama?
Più bianca a vedersi del latte coagulato, più tenera di un agnello,
più allegra di un vitello, più lucente dell'uva acerba.
Mi passi qui così, quando il dolce sonno si impadronisce di me,
e te ne vai non appena il sonno dolce mi abbandona,
scappi via come la pecora che ha visto il lupo grigio?
Mi innamorai di te, fanciulla, nel momento in cui
venisti con mia madre a cogliere i giacinti dal monte
ed io vi facevo strada. Ti vidi anche in seguito, ma
smettere di amarti non posso da allora. A te
non interessa nulla, no in nome di Dio!
Ma io, amata fanciulla, so bene la ragione per cui mi eviti:
è tutto perché ho un solo lungo sopracciglio peloso
su tutta la fronte, da un orecchio all'altro,
e sotto un solo occhio, e un naso largo quanto un labbro.
            Eppure così son fatto, ma possiedo innumerevoli agnelli
            che mi producono il migliore latte che esista!
Di formaggio ne ho sempre in abbondanza, d'estate, in autunno
e nel pieno dell'inverno. Quanto ai miei graticci sono sempre ricolmi!
Come nessuno fra i Ciclopi so suonare la zampogna
e per te io canto, dolce come una mela, e per me stesso allo stesso
tempo, in piena notte. Per te io allevo undici cerbiatte
tutte con la luna in fronte, e quattro orsacchiotti.
Forza, vieni da me, non ci perderai a stare insieme a me
e lascia che il mare vada ad infrangersi sulla spiaggia.
Con me passerai più dolcemente la notte nell'antro.
Vi sono laggiù allori, snelli cipressi,
l'edera scura, l'uva dal doce frutto
ed acqua fresca, bevanda divinas che l'Etna ricolmo di alberi
per me dalla sua bianca neve fa scorrere.
Chi mai preferirebbe a ciò il mare ed i flutti?
Se ti sembro essere troppo peloso,
ma io ho legna di quercia e fuoco che mai si estingue.
Sopporterei di essere bruciato da te anche nell'anima
e pure il solo occhio che ho e che mi è dolce più di ogni altra cosa.
Ahimé, magari mia madre mi avesse generato con le branchie!
Così potrei tuffarmi da te e baciare la tua mano,
se non vuoi che ti bacio la bocca, e portarti gigli bianchi
o papaveri teneri dai rossi petali.
Ma gli uni nascono in estate, gli altri in inverno
sicché non potrei portarteli tutti insieme.
Ma ora, tesoro, adesso, subito, imparerò a nuotare,
se mai qui un navigante straniero con una nave giungesse,
così da capire la ragione per cui vi è dolce abitare negli abissi.
Se tu potessi uscire dal mare, Galatèa, ed una volta uscita ti scordassi
di ritornare nel mare, come ora io faccio qui seduto!
Se ti piacesse condurre il gregge insieme a me e mungere il latte,
e fare del formaggio con l'acido caglio.
Ma è con mia madre che sono arrabbiato, è solo sua la colpa,
perché non ti ha mai detto niente di carino su di me.
Eppure lo vede che io giorno dopo giorno mi consumo!
Le dirò che sento un battito alla testa e nelle gambe,
così da farla stare male come sto male io.
O Ciclope, O Ciclope, dove è volato il tuo senno?
Vai, intreccia canestri e porta germogli alle agnelle,
per te così sarebbe molto meglio!
Mungi quella che hai, perché vai dietro a chi fugge da te?
Troverai una Galatèa ancora più bella.
Tante sono le fanciulle che di notte mi invitano a giocare
e cinguettano tutte, quando presto ascolto a loro.
Perché è chiaro che anche io in questa terra sono qualcuno!»

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