Raffaello Sanzio - Trionfo di Galatea, 1512, affresco cm 295 x 225, Villa Farnesina, Roma
O bianca Galatea - Teocrito
«O bianca
Galatèa, perché respingi chi ti ama?
Più bianca a
vedersi del latte coagulato, più tenera di un agnello,
più allegra
di un vitello, più lucente dell'uva acerba.
Mi passi qui
così, quando il dolce sonno si impadronisce di me,
e te ne vai
non appena il sonno dolce mi abbandona,
scappi via
come la pecora che ha visto il lupo grigio?
Mi innamorai
di te, fanciulla, nel momento in cui
venisti con
mia madre a cogliere i giacinti dal monte
ed io vi
facevo strada. Ti vidi anche in seguito, ma
smettere di
amarti non posso da allora. A te
non
interessa nulla, no in nome di Dio!
Ma io, amata
fanciulla, so bene la ragione per cui mi eviti:
è tutto
perché ho un solo lungo sopracciglio peloso
su tutta la
fronte, da un orecchio all'altro,
e sotto un
solo occhio, e un naso largo quanto un labbro.
Eppure così son fatto, ma possiedo
innumerevoli agnelli
che mi producono il migliore latte che
esista!
Di formaggio
ne ho sempre in abbondanza, d'estate, in autunno
e nel pieno
dell'inverno. Quanto ai miei graticci sono sempre ricolmi!
Come nessuno
fra i Ciclopi so suonare la zampogna
e per te io
canto, dolce come una mela, e per me stesso allo stesso
tempo, in
piena notte. Per te io allevo undici cerbiatte
tutte con la
luna in fronte, e quattro orsacchiotti.
Forza, vieni
da me, non ci perderai a stare insieme a me
e lascia che
il mare vada ad infrangersi sulla spiaggia.
Con me
passerai più dolcemente la notte nell'antro.
Vi sono
laggiù allori, snelli cipressi,
l'edera
scura, l'uva dal doce frutto
ed acqua
fresca, bevanda divinas che l'Etna ricolmo di alberi
per me dalla
sua bianca neve fa scorrere.
Chi mai
preferirebbe a ciò il mare ed i flutti?
Se ti sembro
essere troppo peloso,
ma io ho
legna di quercia e fuoco che mai si estingue.
Sopporterei
di essere bruciato da te anche nell'anima
e pure il
solo occhio che ho e che mi è dolce più di ogni altra cosa.
Ahimé,
magari mia madre mi avesse generato con le branchie!
Così potrei
tuffarmi da te e baciare la tua mano,
se non vuoi
che ti bacio la bocca, e portarti gigli bianchi
o papaveri
teneri dai rossi petali.
Ma gli uni
nascono in estate, gli altri in inverno
sicché non
potrei portarteli tutti insieme.
Ma ora,
tesoro, adesso, subito, imparerò a nuotare,
se mai qui
un navigante straniero con una nave giungesse,
così da
capire la ragione per cui vi è dolce abitare negli abissi.
Se tu
potessi uscire dal mare, Galatèa, ed una volta uscita ti scordassi
di ritornare
nel mare, come ora io faccio qui seduto!
Se ti
piacesse condurre il gregge insieme a me e mungere il latte,
e fare del
formaggio con l'acido caglio.
Ma è con mia
madre che sono arrabbiato, è solo sua la colpa,
perché non
ti ha mai detto niente di carino su di me.
Eppure lo
vede che io giorno dopo giorno mi consumo!
Le dirò che
sento un battito alla testa e nelle gambe,
così da
farla stare male come sto male io.
O Ciclope, O
Ciclope, dove è volato il tuo senno?
Vai,
intreccia canestri e porta germogli alle agnelle,
per te così
sarebbe molto meglio!
Mungi quella
che hai, perché vai dietro a chi fugge da te?
Troverai una
Galatèa ancora più bella.
Tante sono
le fanciulle che di notte mi invitano a giocare
e
cinguettano tutte, quando presto ascolto a loro.
Perché è
chiaro che anche io in questa terra sono qualcuno!»
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