Henri Matisse - La tavola imbandita
da "Gli arancini di Montalbano - Andrea Camilleri
Adelina ci metteva due jornate sane sane a pripararli. Ne sapeva, a
memoria, la ricetta. Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di
maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con
cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si
pripara un risotto, quello che chiamano alla milanìsa, (senza zaffirano, pi
carità!), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa
rifriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a
pezzettini ‘na poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne
aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di
Dio!). Il suco della carne s’ammisca col risotto. A questo punto si piglia
tanticchia di risotto, s’assistema nel palmo d’una mano fatta a conca, ci si
mette dentro quanto un cucchiaio di composta e si copre con dell’altro riso a
formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si
passa nel bianco d’ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini
s’infilano in una padeddra d’oglio bollente e si fanno friggere fino a quando
pigliano un colore d’oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine,
ringraziannu u Signiruzzu, si mangiano!
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