Giacomo Liegi - Cesta con verdura, vaso di fiori e fragoline
Dama
Onogoro - fine del X secolo
Un tempo c'era un cortigiano infedele
che tradiva l'amante con tre diverse donne in una notte. Una delle donne, che
era la domestica della dama, si confessò con lei tra le lacrime, e la dama,
avendone abbastanza della stupidità dell'amante, architettò un piano per
liberarsi di lui.
Alla successiva visita del cortigiano
affettò un comportamento dolce e affidabile, e, con il pretesto di creare
un'essenza nuova che sarebbe stata soltanto loro, lo pregò di accompagnarla
nella sala di miscelazione dei profumi. Al cortigiano, che si vantava d'essere
un conoscitore dell'arte dei profumieri, seguì volentieri la dama nella sala di
marmo, dove i recipienti di miscelazione esalavano vapori odorosi, e le foglie
di angelica pendevano in lunghe strisce stese a seccare, e i petali di primula
gocciavano i loro oli sotto la pressione di grandi mangani di ferro.
Il cortigiano non aveva mai sentito
una tale confluenza di aromi, e le sue narici vibrarono nell'armonia della
violetta con il fior di pisello, e del caprifoglio con il giacinto selvatico e
il balsamo di limone. Passando accanto alle lastre di pestaggio prese tra le
dita un pizzico di polvere di noce moscata e chiodi di garofano, e schiacciò i
bianchi cristalli provenienti dalla corteccia dell'albero della canfora,
citando, mentre schiacciava, brani di poesie che riteneva pertinenti - giacché,
va detto, di poesia egli non sapeva altro che brani.
Nascosto il disappunto per quel
ridicolo sfoggio, la donna abbracciò appassionatamente l'amante e gli promise
sensazioni mai provate prima. Intrigato, il cortigiano non si fece pregare, e
si spogliò lestamente per poi sdraiarsi sul manto che l'amante aveva steso sul
pavimento.
La dama cominciò con due tocchi di
iris e chiodi di garofano sulle tempie dell'amante, e proseguì sul soffice
incavo alla base della gola, che ricevette una goccia della potente essenza di
calendula. Sotto ciascuna ascella fu la volta di genziana e millefoglie, e via
di seguito con varie somministrazioni sinché ebbe distribuito le essenze
sull'intero estasiato corpo dell'amante.
Ma ciò che la donna sapeva era che,
esattamente come un eccesso di yin trasforma se stesso nell'opposto principio
yang, così, con determinati dosaggi, le altrimenti stimolanti e salutari essenze
floreali potevano mostrare il loro aspetto negativo.
Ancora una volta inclinò sul corpo del
cortigiano le proprie fiale: ad ecco allora che la senape indusse quella
malinconia che non ha origine, e il mimulo lo riempì di paura della malattia e
delle sue conseguenze, e il larice lo persuase del suo fallimento, e
l'agrifoglio gli trafisse il cuore con malumore invidioso, e il caprifoglio gli
spinse negli occhi lacrime di nostalgia domestica.
L'erica, somministrata secondo
proporzioni segrete, faceva di mosche elefanti, e il ginestrone lo scoraggiava,
e la clematide lo confondeva, e l'olmo lo sbalordiva per la sua incapacità, e
la mela cotogna lo convinceva di essere sporco. Il germoglio di castagna gli
provocò il ritorno ossessivo del ricordo dei suoi tanti errori, e il salice gli
fece invidiare le fortune degli amici più cari, e il pioppio lo fece sudare e
agitare per vaghe ansie, e il pruno lo convinse di stare impazzendo, e la rosa
selvatica lo indusse all'apatia in modo da non curarsi se vivere o morire - e,
tuttavia, tra i due, scegliendo di morire.
Soddisfatta di averlo così condotto in
uno stato di consapevolezza, la dama elargì due altri tocchi di mela cotogna
sulle tempie, per esacerbare l'odio di sé. In un conato di disgusto l'amante la
implorò di somministrargli una dose fatale, così che egli potesse pagare il fio
per tutti i torti che le aveva inflitto. La dama, vedendosi tra le braccia il
cortigiano ormai impotente, ebbe pietà del suo tormento, e lasciò cadere una
goccia di aconito sulla lingua in attesa. Così morì l'amante infedele, e mai,
sin dalla morte del Principe Radioso, salma così fragrante presenziò al proprio
funerale.
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