Giulio Rosati - Picking the favorite
il
Canto di Sheherazade - Grazia Fresu
I
Vanto
dell'esser femmina potente,
maestra
della sfinge e dei confini,
cantava
Sheherazade e lacrime salivano
a
turbarne l'anelito di fiamma,
falce
d'oriente alzata a rischiarare
palmizi
di smeraldo, sorriso dell'avorio
che
esaltava nella notte il suo canto,
era
il narrare dolce, carezza più soave
dell'incenso,
trappola preparata
a
rinfrescare l'arsura dei deserti.
"Vieni,
sorella mia, mia Dinarzade,
nella
fraternità che ci appartiene
affrontiamo
l'evento, la bellezza che muore
va
privando Samarcanda d'incanto,
recisa
la violenza come i giorni
delle
attese segrete, Shariar
nutriremo
d'estasi e di innocenze
profanate
sul grembo di un cuscino.
Gli
parlerò di maghi e di tesori,
del
tradimento come fu legato
ai
segni dell'offesa, poi,
se
sospenderò il mio raccontare,
le
mie mani spingendo sul suo ventre
di
predatore ostile, tu fingi di dormire.
Io
condurrò il piacere ad evocare
le
fontane fatate, gli enigmi fascinosi,
la
forza catturata
nell'ampolla
d'alabastro sottile,
il
sultano assopito sulla riva
di
quel regale mare ove il segreto persiste
nel
suo guscio sconosciuto.
Esperti
suonatori sedurranno
tra
le parole l'elegia di un sogno,
così
percorrerò l'arco dell'ombra
e
l'avvertito presagio della morte.
Alata
rete di perle e di murene, sorella mia,
nutriamo
il nostro manto dell'insonnia
che
reca l'avventura, tu chiedi e ascolta,
quanto
più s'inganna l'orgoglio
che
ha condotto la sua mano
a
tagliare nel regno i più bei colli
delle
fanciulle in fiore,
curioso
si addolcirà alla sera,
permanendo
insaziato nella spirale
che
per mille notti la sua ferocia
nutrirà,
affamando lo spirito
che
si giova del contrasto
e
il tempo si farà fra noi, sorella,
un
mondo salutato dall'audacia
di
un balsamo soave.
Darsi,
sorella mia, e negarsi ancora
nel
gioco di voluta trasgressione,
vendetta
simulata a rinnegare
le
crudeltà sepolte del passato!"
Sheherazade
racchiuse nel decoro
il
vento che sconfigge
e
sa intrecciare i lacci di sapienza,
l'andamento
della perennità
fuse
nell'oro dei suoi occhi splendenti,
accese
l'ardimento, al suo doppio sorrise
e
la soglia varcò, vestendo solo
il
genio delle donne.
II
E
fu la prima notte
tra
le sete pesanti dell'alcova,
battesimo
privato di precise
fraterne
intese, scommessa
con
il tempo,
avvitamento
della ragione
al
vortice di un sogno
e
fu la sospensione e fu il ritegno
di
vergini svelate e fu il racconto
di
delizie e di inganni.
III
E
fu la quarta notte
tra
gli aromi dell'incenso
e
l'andare della più astuta voluttà.
Shariar
mormorò tra sogno e veglia
sospeso
nell'attesa:
"Poiché
la pelle tua di febbre invasa
sazia
questa mia sete e mi allontana
dalle
vecchie memorie, dai boccali,
colmi
di vino e fiele, poiché ancora
per
una sera voglio amarti e stare
sultano
e mendicante per le vie
delle
tue storie strane, non cessare,
Sheherazade,
di dare al mio tormento
il
tuo fatale lenimento di eroica
resistenza,
il tuo narrare
di
leggende gentili, di padroni sconfitti
e
spodestati da segni
di
magie troppo lontane,
poiché
sei tu diversa, Sheherazade,
amami
nella notte che avvicina
la
tua morte al destino che ti devo,
promesso
dall'orgoglio
al
mio dissenso, quando la sposa
amata
mi ha tradito."
IV
Sheherazade
fu vento nell'alcova,
fu
tempesta di gigli, fu l'umore
delle
bacche più pregne, l'oscurità
che
avanza dai profondi crepacci
della
terra, fu lo specchio dell'altro
e
l'esplosione di mille soli
intorno
a quel giardino che le parlava
della
sua condanna.
Sheherazade
esaltò le sue sorelle
nell'armonia
che intatte le conduce,
con
la mente evocò tutti i tormenti,
le
perdite, le attese, le speranze,
i
traviamenti, i limiti, il dolore
e
di nuovo lo tenne nel cerchio
di
quel calore offeso come ottenne
tra
le labbra di femmina
ogni
senso.
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