3 febbraio 2017

Dario – Costantino Kavafis

Persepolis Rovine - Bassorilievo di Dario il Grande

Dario – Costantino Kavafis

Il poeta Fernaze è giunto al culmine
del suo poema epico:
come s’impadronì Dario d’Istaspe
del regno dei persiani. (È da lui che discende
il nostro re glorioso, Mitridate
Dionisio Eupàtore). Ma qui
filosofia ci vuole: per l’analisi
degli effetti di Dario: l’arroganza?
l’ebbrezza? Fu, piuttosto, come un senso
di vanità delle grandezze umane.
Su questo punto medita il poeta.

Ma il servo l’interrompe: entra, con lena
Affannata, recando una notizia grave.
È scoppiata la guerra coi Romani.
Il grosso dell’esercito ha varcato il confine.

Fernaze è annichilito. Che disastro!
Il nostro re glorioso, Mitridate
Dionisio Eupàtore, ormai
potrà curarsi di poemi greci?
Alla guerra poemi greci – figurarsi!

È stranito, il poeta. Che sciagura!
Era sicuro ormai di farsi luce
col suo Dario, di chiudere la bocca
per sempre ai suoi denigratori lividi.
Che rinvio, che rinvio dei suoi disegni!

Fosse solo un rinvio! Ma siamo poi
così sicuri ad Àmisio?
Quella città non è poi troppo salda.
Sono nemici tremendi, i Romani.
Possiamo farcela con loro, noi
Cappàdoci? Possibile?
Con le legioni misurarci, noi?
Grandi dei, protettori dell’Asia, aiuto, aiuto!

Eppur, in tutta quella triste angoscia
la fantasia poetica, tenace, viene e va.
Gli affetti più probabili di Dario? L’arroganza
e l’ebbrezza. L’ebbrezza, e l’arroganza.

da Costantino Kavafis, La memoria e la passione
a cura di Filippomaria Pontani
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

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