Giorni del 1909, ’10 e ’11 – Costantino
Kavafis
D’un
povero marinaio disgraziato
(di
un’isola dell’Egeo) era figlio.
Lavorava
da un fabbro. Vestiva vecchi stracci.
Le
scarpe da lavoro rotte da far pietà.
Le mani
erano sporche di ruggine e di olio.
La
sera, appena chiusa la bottega,
se
aveva qualche desiderio ardente,
una
cravatta un po’ costosa,
una
cravatta da mettere la festa,
oppure
si era innamorato
di una
camicia blu vista in vetrina,
per un
tallero o due vendeva il corpo.
Mi
chiedo: la gloriosa Alessandria ai tempi antichi
avrà
avuto un ragazzo più perfetto,
un
giovane più bello? E che fine avrà fatto?
Non se
ne conserverà di certo la statua né il dipinto.
Nella
misera bottega d’un fabbro, abbandonato,
ben
presto dalla fatica del lavoro
e dagli
squallidi stravizi uscì distrutto.
da Costantino Kavafis, La memoria e la passione, a cura di
Filippomaria Pontani
Corriere
delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti
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