Edward Hopper - August in the city
da La gelosia – Alain
Robbe-Grillet
(…)
Fa
qualche passo nella camera e s’avvicina al grande comò, di cui apre il cassetto
superiore; fruga a destra, tra le carte, e si china; tira un poco più a sé il
cassetto per meglio vederne il fondo. Dopo nuove ricerche, si raddrizza; e
resta immobile, i gomiti aderenti al corpo, gli avambracci ripiegati e nascosti
dal busto, tenendo tra le mani, senza dubbio, un foglio.
Si
volta verso la luce, per continuare a leggere senza stancarsi gli occhi. Il
capo chino, di profilo, non si muove
più. Il foglio, d’un azzurro molto pallido, è del formato ordinario della carta
da lettera, e porta la traccia ben marcata d’una piegatura in quattro.
Poi,
sempre tenendo la lettera, A. richiude il cassetto e va a sedersi al piccolo
scrittoio (presso l’altra finestra, contro il tramezzo che divide la camera dal
corridoio). Dalla cartella che ha davanti a sé, ella ora estrae un foglio
azzurro pallido: identico al primo, ma vergine. toglie il cappuccio dalla
stilografica. Poi, gettato un breve sguardo a destra (sguardo che non è giunto
neppure a metà del vano della finestra, situato più indietro), china la testa
sulla cartella per mettersi a scrivere.
I
riccioli neri lucenti s’immobilizzano lungo l’asse del dorso, segnato, un poco
più in basso, dalla stretta chiusura metallica della veste.
ora
l’ombra della trave – la trave che sostiene l’angolo sud-ovest del tetto – s’allunga
di traverso sui mattoni della terrazza, lungo la facciata sud, dove già sono
sistemate le poltrone per la serata; e già; quasi, l’estremità di quest’ombra tocca
la porta-finestra che s’apre giusto nel mezzo. Contro la parete ovest, il sole
batte ora fino a un’altezza di un metro e cinquanta, all’incirca; dalla terza
finestra, che s’apre da questa parte, penetrerebbe dunque largamente nella
camera, se il sistema di gelosie non fosse stato abbassato.
All’altra
estremità di questo ramo ovest della terrazza s’apre l’anticucina. Dalla sua porta
socchiusa viene la voce di A.; poi quella del cuoco negro, volubile e cantilenante;
poi di nuovo la voce netta, misurata, che dà gli ordini per il pranzo.
(…)
Trduzione
di F. Lucentini
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