Lisandro Rota - L'infiltrata
da “Gli amori
difficili" – Italo Calvino
L'avventura di una bagnante, (1951)
(…)
Nessuno l'avrebbe
sospettato, vedendo solo la sua testa sporgere dall'acqua, e un po' le braccia
e il petto, mentre nuotava con circospezione, senz'alzare mai il corpo in superficie.
Poteva dunque compiere la sua ricerca d'un aiuto senza esporsi troppo. E per
verificare quanto di lei s'intravedesse da occhi estranei, la signora Isotta
ogni tanto si fermava e cercava di guardarsi, galleggiando quasi verticale. E
con ansia vedeva nell'acqua i raggi del sole occhieggiare in limpidi luminelli
sottomarini, e mettere in luce alghe natanti e velocissimi sciami di pesciolini
striati, e giù in fondo la sabbia ondulata, e quassù il suo corpo. Invano lei,
avvitandolo a gambe serrate, tentava di nasconderlo allo stesso suo sguardo: la
pelle del nitido ventre biancheggiava rivelatrice, tra il bruno del petto e
delle cosce, e né il muovere d'un'onda né il navigare a mezz'acqua d'alghe
semisommerse confondevano lo scuro e il chiaro del suo grembo. La signora
riprese a nuotare in quella sua ibrida maniera, tenendo il corpo più basso che
poteva, ma, pur senza fermarsi, si voltava a guardare con la coda dell'occhio
dietro le spalle: e a ogni bracciata tutta la bianca ampiezza della sua persona
ecco appariva al giorno nei contorni più riconoscibili e segreti. E lei ad
affannarsi, a cambiare modo e senso del nuoto, e si girava nell'acqua,
s'osservava in ogni inclinazione e in ogni luce, si contorceva su se stessa; e
sempre quest'offensivo nudo corpo le veniva dietro. Era una fuga dal suo corpo,
che lei stava tentando, come da un'altra persona che lei, signora Isotta, non
riusciva a salvare in un difficile frangente, e più non le restava che
abbandonare alla sua sorte. Eppure questo corpo così ricco e innascondibile era
ben stato una sua gloria, un suo motivo di compiacimento; solo una
contraddittoria catena di circostanze in apparenza sensate poteva farne ora una
ragione di vergogna. Oppure no, forse sempre la sua vita consisteva solo in
quella della signora vestita che lei era anche stata in ciascuno dei suoi
giorni, e la sua nudità le apparteneva così poco, era un inconsulto stato della
natura che si rivelava di tempo in tempo destando meraviglia negli esseri umani
e in lei per prima. Ora la signora Isotta ricordava che anche sola o in
confidenza col marito aveva sempre accompagnato il suo esser nuda con un'aria
di complicità, d'ironia tra impacciata e gattesca, come se temporaneamente
indossasse dei camuffamenti gioiosi ma spropositati, per una specie di segreto
carnevale tra sposi. Ad avere un corpo la signora s'era abituata con un po' di
riluttanza, dopo i primi delusi anni romantici, e se n'era investita come chi
apprende di poter disporre d'una proprietà da molti ambita. Ora, la coscienza
di questo suo diritto rispariva tra le antiche paure, nell'incombere di quella
spiaggia urlante.
(…)
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