22 agosto 2018

Iliade, libro II, vv 645-677 - Omero

Iliade, libro II, vv 645-677 - Omero

 Erano de’ Beozi i capitani
Arcesilao, Leí, to e Peneléo
E Protenore e Clonio, e traean seco
D’Iria i coloni e d’Aulide petrosa,
Con quei di Scheno e Scolo, e quei dell’erta
Eteono e di Tespia, e quei che manda
La spazïosa Micalesso e Grea;
E quei che d’Arma la contrada edúca,
Ed Ilesio ed Erítre ed Eleone
E Peteone ed Ila ed Ocaléa.
Seguono i prodi della ben costrutta
Medeone e di Cope, e gli abitanti
D’Eutresi e Tisbe di colombe altrice.
Di Coronéa vien dopo e dell’erbosa
Alïarto e di Glissa e di Platéa
E d’Ipotebe dalle salde mura
Una gran torma: ed altri abbandonaro
Le sacrate a Nettunno inclite selve
D’Onchesto, e d’Arne i pampinosi colli;
Altri il pian di Midéa; altri di Nisa
Gli almi boschetti, e gli ultimi confini
D’Antédone. Di questi eran cinquanta
Le navi, e ognuna cento prodi e venti,
Fior di beozia gioventù, portava.
Dell’Orcoméno Minïéo gli eletti,
Misti a quei d’Aspledóne, hanno a lor duci
Ascalafo e Ialmeno, ambo di Marte
Egregia prole. Ne’ secreti alberghi
D’Attore Azíde partorilli Astioche
Vereconda fanciulla, alle superne
Stanze salita, e al forte iddio commista
In amplesso furtivo. Eran di questi
Trenta le navi che schierârsi al lido.

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