27 febbraio 2019

Amore - Vladimir Majakovskij

Illustrazione per 'Per la voce' di Vladimir Majakovskij
Amore - Vladimir Majakovskij

Di nuovo
il mondo
è ricoperto di fiori
e ha l’aspetto
della primavera.
Di nuovo
si pone
una questione irrisolta:
le donne
l’amore.
Amiamo le parate
e le belle canzoni.
Parliamo bene,
andando al comizio.
Ma spesso,
dietro a ciò,
ricoperto di muffa,
c’è l’antico tran-tran quotidiano.
Canta alla riunione:
“Avanti, compagni…”.
Ma a casa,
dimentico dell’assolo,
urla contro la moglie,
che i cavoli non sono
al primo brodo
e i cetrioli
sono salati male.
Vive con un’altra,
larga come un chiosco,
ma che ha la biancheria
d’una diva di cafè-chantant.
Però rimprovera alla moglie
le calze sottili:
“Mi comprometti
davanti al collettivo”.
E va appresso a ognuna,
purché abbia la sottana.
Cambia
cinque donne
nel giro d’una giornata.
Da noi, dice,
c’è libertà,
non c’è monogamia.
Abbasso il filisteismo
e i pregiudizi!
Si agita,
vola
e svolazza
di fiore
in fiore,
come un farfallino.
L’unico male
al mondo
gli pare
colei
che ha diritto agli alimenti.
Preferisce morire,
pur di risparmiare un terzo,
preferisce far causa
magari per tre anni:
io, dice, non sono io,
e lei non è stata mia,
e, in generale,
io sono un castrato.
Ma se poi t’ama,
allora sii fedele
come una monachella;
geloso
tiranneggia
per ogni inezia
e l’amore
col calibro della pistola
misura,
cacciando
un proiettile nella nuca
all’infedele.
Un quarto,
eroe di decine di battaglie,
fugge spaventato,
che è u piacere guardarlo,
la pantofola della moglie,
una semplice
pantofola del Mostorg.
Ma un altro
punta altrimenti
il dardo dell’amore,
confonde
– è talmente infantile –
la pesca dell’amata
nelle romantiche reti
con la promozione
d’una dipendente secondo il tariffario…
Ma anche dal lato delle donne
non è per voi un paradiso.
Una signorina
ha accalappiato
un ragazzotto ingenuo.
Lui lavora,
ma lei,
non c’è verso di tenerla:
corre
dietro la svasatura
dei calzoni
d’ogni passante.
Ebbene,
siedi
e sciogliti
in pianto come un Nilo.
Ma ti pare!
Fidanzato!
E per chi, miei cari, dovrei sposarmi?
Per me stesso
o per loro?
I genitori
hanno anche figli di tal sorta:
“Che genitori?
Noi
non siamo peggio!”
S’occupano
dell’amore come d’uno sport,
ma non hanno tempo
d’iscriversi
al komsomol.
E ora passiamo
alla campagna:
il modo di vita
qui è sempre lo stesso.
Vivono,
come un tempo,
un anno dopo l’altro,
E così
vanno a marito,
o s’ammogliano,
come s’acquistano
bestie da lavoro.
Se durerà così
ancora per un po’,
allora,
ve lo dico francamente,
nemmeno il codice matrimoniale
saprà distinguere
dov’è il padre e la figlia,
chi è il figlio e la madre.
Io non sono per la famiglia.
Nel fuoco
e nel fumo azzurro
brucia pure
questo pezzo di vecchiume,
dove brontolavano
le madri-papere
e i figli
proteggeva
il padre-papero!
Si!
Ma viviamo
in intimità
la Comune,
nelle case comuni
s’insudicia la pelle dei corpi.
Bisogna
levare la voce
per la purezza
dei nostri rapporti
e delle cose d’amore.
Non rifiutarti,
si dice, non sono sposato,

Non ci sancisce
un prete chiacchierone.
Bisogna
legare
la vita dell’uomo e della donna
con la parola
che unisce:
“Compagni”.

1926

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