26 febbraio 2019

da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia

dipinto di Ugo Celada
da “Gli indifferenti” – Alberto Moravia

Le parve di non attribuire alla sua fuga tutta la triste e vergognosa importanza che altri al suo posto le avrebbero dato; ecco, ella usciva, attraversava il viale, curva sotto l'ombrello, sforzandosi di non bagnarsi la faccia con la pioggia avversa, di evitare le pozze; attraversava a quell'ora tarda il parco, senza paura, senza meraviglia, senza neppure quella tristezza vasta e avventurosa che accompagna le azioni gravi; la ghiaia fradicia scricchiolava sotto i suoi passi, ella ne ascoltava con piacere il rumore: ecco tutto.
Alzò gli occhi, e vide davanti a sé la macchia nera del cancello, i due pilastri bianchi, il fogliame scuro di un grande albero curvo sotto la pioggia; aprì la porticina di servizio, uscì nella strada volgendo gli occhi alla parte opposta a quella dove Leo aspettava. "Non c'è" pensò delusa, osservando la luce tranquilla della lampada ad arco sul selciato bagnato e vuoto; ma già l'automobile dell'amante avanzava alle sue spalle, meno rapida del raggio improvviso dei due fanali
accesi.

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