2 gennaio 2015

Rainer Maria Rilke - La sesta Elegia

 La sesta elegia - Rainer Maria Rilke

Albero del fico, già da quanto è per me di valore
come tu quasi del tutto tralasci i fiori
e dentro al frutto anzitempo stabilito,
senza vanto, spingi il tuo puro segreto.
Come zampillo di fonte i tuoi rami curvi
conducono il succo in basso e in alto: ed esso guizza dal sonno,
quasi non si desta, nella gioia della sua più dolce resa.
Vedi: come il Dio nel cigno.
……. Ma noi ci soffermiamo,
ah, ci si vanta di fiorire, e nel tardato interno
del nostro finale frutto entriamo traditi.
A pochi sale l’afflusso dell’azione così forte,
che essi già si accalcano e fervono nella pienezza del cuore,
quando la seduzione al fiorire come mite aria della notte
a loro la giovinezza della bocca, a loro le palpebre, muove:
ad eroi forse ed ai presto all’aldilà destinati,
ai quali la morte giardiniera in altro modo le vene piega.
Questi vi urtano: al proprio sorriso
sono davanti, come la coppia di destrieri nei tenui
concavi quadri di Karnak al vittorioso re.
Prodigioso quanto stia vicino l’eroe agli eppur così giovani morti.
Il perdurare
non lo turba. La sua ascesa è esserci; costante
si toglie via ed entra nel mutato quadro stellare
del suo assiduo pericolo. Lì pochi lo troverebbero. Ma,
a noi l’oscuramente taciuto, d’improvviso entusiasta destino
lo trae col canto nella tempesta del suo più scrosciante mondo.
Eppure non odo nessuno come odo lui. Di colpo mi penetra
con la torrenziale aria il suo oscurato tono.
Poi, come mi nasconderei volentieri davanti alla nostalgia: Oh fossi io,
fossi io un fanciullo e potessi ancora diventarlo e sedessi
col sostegno di future braccia e leggessi di Simson,
come sua madre dapprima nulla e poi tutto generò.

Non era già eroe in te, oh madre, non iniziò
già lì, in te, la sua superba scelta? Migliaia tramavano nel grembo e
volevano essere lui,
ma vedi: egli afferrò e lasciò la presa –, scelse e poté.
E quando distruggeva colonne, così fu, allorché eruppe
fuori dal mondo del tuo corpo nel più stretto mondo, dove egli ancora
scelse e poté. Oh madri degli eroi, oh origine
di impetuosi torrenti! Voi voragini, in cui
in alto dal bordo del cuore, in lamento,
già le ragazze gettatesi, future vittime offerte al figlio.
Poi vi infuriò l’eroe attraverso permanenze dell’amore,
lo spinse fuori ogni, ogni battito del cuore a lui rivolto,
già distratto, stava egli alla fine dei sorrisi, – in altro modo.

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