Claude Joseph Vernet - A Harbor in Moonlight
Eastbourne - Eugenio Montale«Dio salvi il Re» intonano le trombe
da un padiglione erto su palafitte
che aprono il varco al mare quando sale
a distruggere peste
umide di cavalli nella sabbia
del litorale.
Freddo un vento m’investe
ma un guizzo accende i vetri
e il candore di mica delle rupi
ne risplende.
Bank Holiday... Riporta l’onda lunga
della mia vita
a striscio, troppo dolce sulla china.
Si fa tardi. I fragori si distendono,
si chiudono in sordina.
Vanno su sedie a ruote i mutilati,
li accompagnano cani dagli orecchi
lunghi, bimbi in silenzio o vecchi. (Forse
domani tutto parrà un sogno.)
E vieni
tu pure voce prigioniera, sciolta
anima ch’è smarrita,
voce di sangue, persa e restituita
alla mia sera.
Come lucente muove sui suoi spicchi
la porta di un albergo
- risponde un’altra e le rivolge un raggio -
m’agita un carosello che travolge
tutto dentro il suo giro; ed io in ascolto
(«mia patria!») riconosco il tuo respiro,
anch’io mi levo e il giorno è troppo folto.
Tutto apparirà vano: anche la forza
che nella sua tenace ganga aggrega
i vivi e i morti, gli alberi e gli scogli
e si svolge da te, per te. La festa
non ha pietà. Rimanda
il suo scroscio la banda, si dispiega
nel primo buio una bontà senz’armi.
Vince il male... La ruota non s’arresta.
Anche tu lo sapevi, luce-in-tenebra.
Nella plaga che brucia, dove sei
scomparsa al primo tocco delle campane, solo
rimane l’acre tizzo che già fu
Bank Holiday.
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