da “Jubiabà” - Jorge Amado
La folla balzò in
piedi come un sol uomo. E rimase in religioso silenzio. L’arbitro scandì:
- Sei…
Ma prima che fosse
pronunciato il «sette», il pugilatore biondo si levò a fatica su un braccio;
poi, raccolte tutte le forze, fu di nuovo in piedi. Allora la folla tornò a
sedersi e riprese a gridare. Il negro incalzò l’avversario, e tutti e due, il
biondo e il negro, si trovarono in mezzo al quadrato. La folla ruggiva:
- Buttalo giù!
Buttalo giù!
Quella sera il Largo
da Sé, la piazza della Cattedrale, era un mare di gente. Gli uomini si
stipavano sui banchi, sudati, gli occhi fissi al quadrato, dove il negro Antonio
Balduino si batteva contro Ergin, il tedesco. La chiesa, vecchia di secoli, gettava
la sua ombra sopra la folla. Rare lampade illuminavano il quadrato. Soldati,
scaricatori del porto, studenti, operai, uomini, vestiti appena di una camicia
e di un paio di pantaloni, seguivano ansiosi le vicende del combattimento. Negri,
mulatti, bianchi: tutti sostenevano il negro Antonio Balduino che già aveva messo
al tappeto l’avversario ben due volte. A quest’ultima, sembrava che il bianco non
dovesse più rialzarsi. Ma prima che l’arbitro contasse «sette», egli si era rimesso
in piedi e continuava la lotta. Ci furono, allora, tra gli spettatori parole ed
espressioni di
ammirazione. Qualcuno mormorò:
- Pure il tedesco ci
sa fare…
Ma intanto la folla
continuava a incitare il negro altissimo, che era il campione dei pesi massimi
di Bahia. Gridavano, ora, senza posa, desiderosi che l’incontro si concludesse
- e che si concludesse con Ergin steso a terra.
Un ometto patito,
dalla faccia smunta, mordicchiava un mozzicone di sigaretta spenta. Un negro
tarchiato e basso accompagnava le urla battendo le palme sulle ginocchia e
ritmando:
- But-ta-lo-giù… giù-giù-giù!
E tutti si agitavano
smaniosi e gridavano: e le urla si udivano fin sulla piazza Castro Alves.
Avvenne però che, nel
round successivo, il bianco passasse all’attacco e mettesse il baiano
alle corde. La folla non si preoccupò molto di questo scatto del biondo:
sperava nella pronta reazione dell’altro. E, infatti, Balduino tirò un diretto sulla
faccia insanguinata del tedesco. Ergin lo prevenne e, con un violento colpo al viso,
ridusse il sopracciglio destro del negro tutto un grumo di sangue. D’improvviso,
il tedesco prese il pieno sopravvento e, come un gigante, dominò il negro, che
si limitava a incassare: alla testa, al cuore, allo stomaco. Ancora Balduino fu
messo alle corde, vi rimase aggrappato senza poter reagire. Pensava solo a non
cadere e si teneva disperatamente, con forza, alle corde. Invece, il tedesco
era diventato un diavolo e gli martellava la fronte. Il naso di Balduino faceva
sangue, l’occhio destro era chiuso, sotto l’orecchio aveva una ferita. Vedeva confusamente
il tedesco, davanti a sé, agitarsi; sentiva, lontani, molto lontani, i clamori
del pubblico; che fischiava, anche. Nel veder cadere il suo eroe, la gente dapprima
urlava:
- Dagli, negro,
dagli!
Ma, a poco a poco, la
folla tacque, sconfortata, visto che ormai il negro incassava soltanto. E
quando riprese a gridare fu solo per fischiarlo, per sfotterlo.
- Negro femminuccia!
Donna coi calzoni! Dài, biondo; dagli tu, biondo!
Erano furenti perché
il negro si limitava a incassare. Avevano pagato tre milreis per vedere il
loro campione suonarle a quel bianco che si diceva «campione dell’Europa centrale». E ora che
stavano là, vedevano ch’era il negro a prenderle. Erano scontenti, si agitavano
inquieti: ora applaudivano il bianco, ora lo fischiavano. E fu un gran sollievo
quando il gong segnò la fine del round.
Antonio Balduino si
rifugiò in un angolo del ring, reggendosi alle corde. Allora il magro
che mordeva il mozzicone di sigaretta sputò la cicca e disse forte:
- Dov’è finito il
negro Antonio Balduino che stendeva i bianchi?
Antonio Balduino sentì.
Bevve una sorsata di acquavite dalla bottiglia che gli porgeva il Gordo, il «grassone»,
e si volse verso il pubblico cercando il padrone di quella voce. La quale
ricominciò con tono metallico:
- Dov’è finito il
vincitore dei bianchi?
Una parte della folla
fece eco all’ometto e gridò in coro:
- Dov’è? Dov’è
finito?
Quel grido ferì
Balduino come una scudisciata. Era insensibile ai pugni del bianco, ma non al
rimprovero dei suoi tifosi. Disse al Gordo:
- All’uscita, darò
una lezione a quel tipo. Trovamelo…
Al segnale del nuovo round,
il negro si gettò addosso a Ergin e mise subito a segno un colpo sulla
bocca e un altro allo stomaco. La folla riconosceva di nuovo in lui il suo
campione e gridava:
- Dai, Antonio
Balduino! Dài, Baldo! Buttalo giù…
Il negro tarchiato
ricominciò a battere le palme sulle ginocchia. Il magro sorrideva.
Il negro continuava a
menar colpi su colpi e sentiva dentro di sé una gran rabbia.
Poi il tedesco incalzò
per colpirlo all’altro occhio. Il negro allora si spostò con un rapido scatto
e, come la molla di una macchina liberata d’improvviso, allungò il braccio in
un diretto alla mascella di Ergin, il tedesco. Il campione dell’Europa centrale
girò su se stesso e cadde di peso.
Roca, la folla
applaudiva e gridava a non finire:
- Bal-do… Bal-do… Bal-do…
L’arbitro contava:
- Sei… sette… otto…
Antonio Balduino
guardava trionfante il bianco disteso ai suoi piedi. Poi volse gli occhi verso
il pubblico che l’applaudiva e cercò l’uomo che gli aveva gridato che lui non
era più quello che atterrava i bianchi. Non lo trovò. Allora sorrise al Gordo.
L’arbitro, intanto, diceva:
- … nove… dieci…
E andò ad alzare il
braccio di Balduino. La folla urlava frenetica, ma il negro udiva solo la voce
metallica dell’uomo dalla cicca:
- Ecco negro, ecco
come vinci i bianchi…
(…)
Traduzione
di Dario Puccini ed Elio Califano
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