17 agosto 2018

da “L’Adalgisa” - Carlo Emilio Gadda

Domenico Gnoli - Desk, 1968
da “L’Adalgisa” - Carlo Emilio Gadda

A lucidare i parquets, in casa Cavenaghi, era sempre venuta la «Confidenza», come in tante altre case, del resto. Bè.... le migliori di Milano.... Ossia, venuta.... Inviava ne’ debiti giorni i suoi agenti specializzati: i quali, benché al primo saluto li si sarebber detti dei vecchî brumisti, di quelli facili ad appisolarsi in serpa dentro un baverone d’un tabarro, bentosto invece si rivelavano animati da una bonarietà operosa e conclusiva: in un tramestìo senza scampo funzionari impareggiabili di Babilonia. Alunni, e de’ più sagaci e scaltriti, di Hermes carrucolatore: ch’è un tipo quant’altri impavido di tutta la celeste combriccola.
Ardeva in loro uno zelo muto, il tacito seme del ribaltamento. Ponevan l’occhio a ogni cosa: la mano, dopo l’occhio. Tanto che, dinamizzàndoli l’afflato del dio, in un battibaleno avevano bell’è che messo a soqquadro tutta casa: seggiole, cuscini, tavolini, lettini: la chincaglieria del salotto e il bazàr del salone, e la pelle d’orso bianco con il muso disteso e gli unghioni rotondi (che solevano gracchiare sul lucido appena pestarli), e i comò e i canapè e il cavallo a dondolo del Luciano, e il busto in gesso del bisnonno Cavenaghi eternamente pericolante sul suo colonnino a torciglione: e bomboniere, Lari, leonesse, orologi a pendolo, vasi di ciliege sotto spirito, orinali pieni di castagne secche, il tombolo di Cantù della nonna Bertagnoni, rotoli di tappeti e batterie di pantofole snidate da sotto i letti, e tutti insomma gli ingredienti e gli aggeggi della prudenza e della demenza domestica: dapprima scaravoltati gambe all’aria, poi simultanati, razionalizzati in una nuova e capovolta ragione, in una nuova e mirabile, per quanto imprevedibile, sintassi.

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