23 ottobre 2018

da “L'assaggiatrice” - Giuseppina Torregrossa

da “L'assaggiatrice” - Giuseppina Torregrossa
Cassatelle di ricotta
- farina g 500
- zucchero semolato g 150
- olio extravergine di oliva ½ bicchiere
- marsala 1 cucchiaio
- 1 limone
- ricotta g 400
- cioccolato fondente g 50
- cannella
- albume di un uovo
- zucchero a velo
- olio di semi
- sale
Mescolare alla farina metà dello zucchero, due cucchiai di succo di limone, il marsala, l’olio, il sale e impastare aggiungendo la necessaria quantità d’acqua.
Quando l’impasto avrà una consistenza elastica, coprirlo e lasciarlo riposare per 30 minuti.
In una terrina setacciare la ricotta, aggiungere lo zucchero rimasto, la cioccolata a scaglie e un pizzico di cannella.
Stendere la pasta, ricavarne dei dischi sottili e tondi, farcirli con la crema di ricotta, spennellare i bordi con l’albume sbattuto con un cucchiaino d’acqua e richiuderli come fossero dei ravioli.
Friggere le cassatelle in olio di semi caldo, sgocciolarle bene e servirle calde dopo averle spolverizzate con zucchero a velo aromatizzato alla cannella.

Una volante della polizia percorre il viale sterrato che dà accesso alle case della contrada Carrubbo, l’accompagna un nuvolone di polvere e il rumore di un motore che si avvicina. Il solito giro di ricognizione, penso. Ma poi la macchina curva e si ferma davanti alla porta mia. Il cuore prende a battere forte, il respiro si fa più veloce, l’hanno trovato! È vivo? Dalle nostre parti le sparizioni sono sempre fenomeni misteriosi, fughe, assassini, rapimenti, nulla è mai chiaro agli occhi degli inquirenti. Chessò, in Sardegna e in Toscana si tratta sicuro di rapimenti, nel continente il telegiornale parla di omicidio a scopo di rapina e il cadavere è lì, prova inconfutabile e oggettiva del reato, ma qui da noi un corpo è difficile trovarlo, vivo o morto che sia. E quando ti fanno trovare quaccheccosa è un avanzo quello che ti danno, un vuoto a perdere che non serve a nessuno e non si capisce perché te l’hanno tornato indietro, anche se una ragione certamente ci deve essere.
Vado ad aprire la porta, Bruno mi saluta portandosi la mano alla visiera:
«Come va, signora Anciluzza? Passavo da queste parti e ho pensato di farmi restituire il caffè che le ho offerto al commissariato».
«Commissario, scusi Bruno, entri che glielo preparo subito, e l’appuntato?».
«No, il picciriddo rimane in macchina, siamo in servizio».
Mi aggiusto con la mano i capelli e mi levo il grembiule con un gesto veloce. Poi preparo un vassoio con il caffè e le cassatelle di ricotta appena sfornate.
(...)

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