Nella sua vita Kafuku aveva visto molte donne alla guida di
un’auto, e grossomodo le divideva in due categorie: quelle un po’ troppo
aggressive e quelle un po’ troppo prudenti. Le seconde erano molto più numerose
delle prime – cosa della quale possiamo solo rallegrarci. In generale, le donne
sono più corrette e caute degli uomini: e di una guida cauta e corretta è ovvio
che nessuno si può lamentare. Anche se a volte, però, può essere esasperante
per gli automobilisti intorno.
Quanto alle donne appartenenti all’altro gruppo, le
«aggressive», di solito si credevano degli assi del volante. Consideravano
quelle troppo prudenti delle imbecilli e si vantavano di non essere come loro.
Cambiavano corsia all’improvviso, senza rendersi conto che così costringevano
gli altri automobilisti a frenare sospirando o ricoprendole di improperi.
Naturalmente, c’erano anche donne che non appartenevano né
all’una né all’altra categoria. Donne che guidavano in maniera del tutto
normale, né troppo aggressiva, né troppo cauta. Fra queste, alcune erano
davvero brave. Anche in loro, tuttavia, Kafuku percepiva segni di tensione. In
cosa consistessero, questi segni, non sarebbe stato in grado di dirlo, ma
seduto al loro fianco intuiva una certa asperità che si trasmetteva fino a lui,
mettendolo a disagio. Provava uno sgradevole bisogno di inumidirsi la gola, e
per colmare il silenzio si lanciava in discorsi futili e superflui.
È ovvio che anche fra gli uomini c’era chi guidava bene e
chi no. Nella maggior parte dei casi, però, gli uomini al volante non gli
davano l’impressione di essere tesi. Non che fossero particolarmente rilassati.
Magari in realtà erano un fascio di nervi. Però riuscivano in maniera naturale
– forse inconscia – a non lasciar trapelare la tensione nei loro gesti. Pur
concentrandosi nella guida, conversavano e si muovevano normalmente. Erano due
sfere d’azione diverse.
Kafuku non si spiegava il perché di questa differenza di
comportamento tra uomini e donne.
Nella vita quotidiana, gli capitava raramente di notarne
altre. Di percepire, cioè, una qualche differenza tra le capacità di maschi e
femmine. Nella sua professione aveva occasione di lavorare sia con gli uni che
con le altre, e, a essere sinceri, si sentiva più a suo agio con le donne.
Erano più attente ai dettagli, e sapevano ascoltare. Ma quando doveva salire su
un’automobile, se a stringere il volante, accanto a lui, erano mani femminili,
Kafuku per tutto il tempo ne era sgradevolmente consapevole. Però non aveva mai
parlato a nessuno di questa sua visione delle cose. Non gli sembrava un
argomento di conversazione proponibile. Quindi non si mostrò particolarmente
contento quando il suo meccanico Oba, a cui aveva chiesto di trovargli un
autista, gli propose una giovane donna. Vedendolo perplesso, Oba sorrise con
l’aria di chi pensa: «La capisco benissimo».
– Guardi che questa ragazza guida davvero bene, sa, signor
Kafuku. Glielo garantisco. Perché non la incontra, una volta? Perché non si fa
portare un po’ in giro?
– Se me la raccomanda lei, non ho nulla da obiettare, –
rispose Kafuku. Aveva bisogno di un autista al più presto, e Oba era un uomo
affidabile. Erano ormai quindici anni che lo conosceva. Aveva capelli come fil
di ferro e l’aria di un folletto, ma in materia di automobili era praticamente
infallibile.
(...)
Traduzione di Antonietta Pastore
Einaudi Editore
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