Diego Rivera - Sunflowers, 1943
Nude dalla cintola in giù - Shu Ting
Nude dalla cintola in giù, le giovani coppie
attendono nel cortile che l’ultimo si decida
a scendere. Vogliono parlare del luogo
della vergogna, senza dubbio l’immobilità.
Ma è che dopo averla circondata, madre,
dopo aver mitragliato le sue pareti, scritto
un’opera a sue spese, arrivarono messaggi
quasi bambini su cavalli stramazzati:
nelle loro manine certe ragioni mature
sembravano rinfanciullire.
Cosa del movimento ora, questo dei nostri
tuffi in piscine sotto pergole giallo gioventù,
giallo non individuabile disgrazia:
nelle tue narici addottorate
si produce un saccheggio temporale
e tu neanche te ne accorgi o bevi
per poi inciampare delicatamente a
all’uscita di tuguri all’alba.
Tremanti dalla cintola in giù, funzionari
della fecondità, vediamo attraverso
il canale permanente tutti questi ragazzi del Sud.
Hanno scoperto che una moltitudine
ha il suo centro in ognuna delle parti.
Colibrì immune alle tecniche di interrogatorio.
Con plurale di freddo, facciamo pane
e facciamo critica: record di pace
senza modifiche ma troppi anni di allattamento,
troppa oralità. Il cattivo abbinamento
messo nella sfoglia di questa sorte storica.
Abbiamo santificato la siesta, sì,
ma ora i nostri desideri sono venti decenni
avanti alla morale di chi ci imbacuccava.
Togliti la scaramuccia dalla bocca
e pensa a forme del suono
che trascendano la rappresentazione.
Più su, diciamo nei fiordi del Mediterraneo,
migliaia di uomini si sbarbano
senza quasi luce e rimpiangono il mare.
Dimostrano, ci dimostrano, costruttori di sé.
La ministra del Lavoro piange
mentre annuncia le nuove misure;
dall’altro lato della fontana barocca,
il volto del presidente si fa extragiudiziale
e leggendario “Sì, lo abbiamo giustiziato;
chiunque pensi che non lo meritava
deve avere un problema mentale”.
In rete le istruzioni; anche la possibilità
di errare. Alcune monete lungo la tua schiena.
attendono nel cortile che l’ultimo si decida
a scendere. Vogliono parlare del luogo
della vergogna, senza dubbio l’immobilità.
Ma è che dopo averla circondata, madre,
dopo aver mitragliato le sue pareti, scritto
un’opera a sue spese, arrivarono messaggi
quasi bambini su cavalli stramazzati:
nelle loro manine certe ragioni mature
sembravano rinfanciullire.
Cosa del movimento ora, questo dei nostri
tuffi in piscine sotto pergole giallo gioventù,
giallo non individuabile disgrazia:
nelle tue narici addottorate
si produce un saccheggio temporale
e tu neanche te ne accorgi o bevi
per poi inciampare delicatamente a
all’uscita di tuguri all’alba.
Tremanti dalla cintola in giù, funzionari
della fecondità, vediamo attraverso
il canale permanente tutti questi ragazzi del Sud.
Hanno scoperto che una moltitudine
ha il suo centro in ognuna delle parti.
Colibrì immune alle tecniche di interrogatorio.
Con plurale di freddo, facciamo pane
e facciamo critica: record di pace
senza modifiche ma troppi anni di allattamento,
troppa oralità. Il cattivo abbinamento
messo nella sfoglia di questa sorte storica.
Abbiamo santificato la siesta, sì,
ma ora i nostri desideri sono venti decenni
avanti alla morale di chi ci imbacuccava.
Togliti la scaramuccia dalla bocca
e pensa a forme del suono
che trascendano la rappresentazione.
Più su, diciamo nei fiordi del Mediterraneo,
migliaia di uomini si sbarbano
senza quasi luce e rimpiangono il mare.
Dimostrano, ci dimostrano, costruttori di sé.
La ministra del Lavoro piange
mentre annuncia le nuove misure;
dall’altro lato della fontana barocca,
il volto del presidente si fa extragiudiziale
e leggendario “Sì, lo abbiamo giustiziato;
chiunque pensi che non lo meritava
deve avere un problema mentale”.
In rete le istruzioni; anche la possibilità
di errare. Alcune monete lungo la tua schiena.
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