29 ottobre 2019

da Il libro dell’inquietudine – Fernando Pessoa

dipinto di Kenton Nelson
da Il libro dell’inquietudine – Fernando Pessoa
54.
E, oggi, pensando a ciò che è stata la mia vita, mi sento come un animale qualsiasi, trasportato vivo in un cesto sotto braccio, tra due stazioni suburbane. L’immagine è stupida, ma la vita che la definisce è ancor più stupida. Questi cesti di solito hanno due chiusure, come calze ovali che, se l’animale si agita, si sollevano un poco sull’uno o sull’altro dei lati estremi ricurvi. Ma il braccio di chi lo trasporta, leggermente appoggiato all’altezza dei ripiegamenti centrali, ad una cosa tanto debole consente solo di sollevare rudemente le estremità inutili, come ali di farfalla che infiacchiscono. Mi sono dimenticato che, con la descrizione del cesto, stavo parlando di me. Lo vedo nitidamente al braccio grasso e bianco, bruciato dal sole, della domestica che lo trasporta. Non riesco a vedere la domestica al di là del braccio e della sua peluria. Non riesco a sentirmi bene se non – all’improvviso – una grande frescura di […] di quelle corde bianche e nastri di […] con cui si tessono i cesti e dove mi agito, animale, fra due fermate che sento. Tra queste riposo su ciò che sembra una panca e lì fuori parlano del mio cesto. Dormo perché sono tranquillo, finché alla fermata non mi sollevano di nuovo.

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