I 4 Re
Scordato dintra a un
cascione della càmmara di mangiare, il mazzo di carte addiventò canticchia ammuffito.
Nella lunga aspettanza che qualcuno lo ripigliasse in mano per giocarci, tra le
quaranta carte del mazzo principiò a esserci un certo malumore. Il re di
denari, ch’era un vero dongiovanni, non aveva altro pinsèro che di assicutàre
fìmmine; il re di coppe era addiventato un alcoolizzato cronico; il re di spade
un attaccabrighe pronto ad ammazzare per il solo piacere d’ammazzare; il re di
bastoni uno che sfruttava i suoi sudditi con tasse sempre più alte e non aveva
in testa che riempire i suoi forzieri. I quattro cavalieri dei diversi colori,
che erano vicerè, fecero una congiura e decisero d’ammazzare i loro re indegni.
Il proposito arrivò alle orecchie del due di coppe il quale andò a parlare ai
quattro cavalieri.
“Voi volete levare di
mezzo i re per mettervi al loro posto?” - spiò.
“Manco per sogno!” -
disse il cavallo di spade ch’era il capo della congiura - “Noi non siamo mossi da
ambizioni personali! Noi aboliremo la monarchia e proclameremo la repubblica!”
“Statemi a sentire” -
disse il due di coppe - “Io sono uno che sa come va la vita: quando giocano a tressette
io valgo tantissimo e invece non valgo niente quando giocano a briscola.
Non è la forma che
conta, ma a che gioco decidono di giocarci. Se levate di mezzo i re.”
Non vollero stare a
sentire oltre, lo cacciarono via. La rivolta scoppiò, i re vennero fatti a
pezzi, i quattro cavalieri divennero ognuno presidente della repubblica del
loro seme.
Un giorno un
picciliddro per caso trovò il mazzo. E volle farsi un solitario. Subito però
vide che le carte erano trentasei. Cercò nel cascione, non trovò le quattro
carte mancanti.
“Un mazzo di carte
senza i re è inutile” - disse.
Raprì il secchio
della spazzatura e gettò nella munnizza le carte.
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