dipinto di fernando Botero
da “La signora del
miele” - Fanny Buitrago
(…)
Quando
dona Ramonita Céspedes de Ucròs fu lì lì per morire, chiamò la sua figlioccia e
le affidò Galaor, il suo unico figlio.
“Abbi
cura di lui, ragazza mia, perché rimane solo al mondo. Lo lascio nelle tue
mani. E’ figlio impareggiabile e bello, come non ce ne sono. Abbi cura di lui!
Me lo prometti?”
“Sì,
msdrina.” Teodora soffocò un singhiozzo, aggrappandosi alla sponda del letto.
Adagiata
sui cuscini e sulle lenzuola profumati di verbena, dona Ramonita si passò la
lingua sulle labbra aride e aspirò l’aria fresca che entrava dalla finestra
socchiusa. Le forze non l’avevano del tutto abbandonata e allontanò Teodora con
una gomitata.
“Certo,
bada bene a non ambire a qualcosa di più. E non lo guardare come un uomo. No.
E’ intoccabile. Fai finta che sia il curato, il re di Roma o San Michele
Arcangelo. Ti è proibito. Aiutalo a trovare una buona moglie, con possibilità
economiche, cognomi senza macchia e molte virtù: casalinga e laboriosa.”
“Come
vuole lei, madrina.”
Poiché
Teodora piagnucolava senza posa e per ogni evenienza, dona Ramonita elencò le
uniche donne che avrebbero potuto interessare Galaor. le signorine Barraza, le
Del Rosal, le Baquero e le Arantza…
(…)
Traduzione di
Antonella Donazzan
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