16 ottobre 2019

Ode alla violacciocca – Pablo Neruda

Claude Monet, Pomeriggio in giardino, 1873
Ode alla violacciocca – Pablo Neruda

Quando avvolto in carte,
divoratore sinistro
di libri e libracci,
arrivai a Isla, al sole
e al sale marino,
strappai dal piccolo
giardino
le violacciocche.
Le gettai nel precipizio,
le offesi
raccontandogli
le mie passioni contrarie:
piante di mare, spine
coronate
di purpurei lampi:
così disposi
il mio giardino di sabbia.

Dichiarai suburbana
la fragranza
della violacciocca che il vento
lì sparse con invisibili dita.

Oggi sono tornato
dopo lunghi
mesi,
simili a secoli, anni
di ombra, luce e sangue,
a piantare
violacciocche
a Isla:
timidi fiori,
appena
luce fragrante,
protagonisti puri
del silenzio:
adesso
vi amo
perché
imparai
la chiarezza
camminando
e inciampando
per la terra,
e
quando caddi con la testa
rotta, un
bagliore
violaceo,
un raggio bianco,
un odore infinito di fazzoletto
mi accolse:
le povere violacciocche
di fedele aroma, di perduta neve
mi aspettavano: circondarono
la mia testa
con stelle o mani
conosciute,
riconobbi
l’aroma
provinciale,
ritornai a vivere quella
intimità fragrante.

Amate violacciocche,
dimenticate,
perdonatemi.
Adesso
i vostri
celestiali fiori
crescono
nel mio giardino di sabbia,
impregnando
il mio cuore
di aromi amorosi:
nel pomeriggio
rovescia
il cristallino vento dell’oceano
gocce di sale azzurro,
neve marina.

Tutto alla chiarezza è ritornato.
Mi sembra
improvvisamente
che il mondo
sia più
semplice,
come
se si fosse riempito
di violacciocche.
Preparata
è
la terra.
Incomincia
semplicemente
un nuovo giorno di violacciocche.
1956

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