14 agosto 2018

da “Malte Laurids Brigge” – Rainer Maria Rilke

dipinto di Kenne Gregoire
da “Malte Laurids Brigge” – Rainer Maria Rilke
Bibliothèque Nationale
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Qui riconosco sempre tutto; e per questo entra subito dentro di me, sono la sua casa. Mi sentivo un po’ stanco, dopo, oserei dire sfinito; e per questo fu troppo vedere che anche lui mi aspettava.
Mi aspettava nella piccola cremeria dove andavo a mangiare due uova al burro; avevo fame, non avevo mangiato in tutto il giorno. Ma anche così non riuscii a prendere un boccone; prima che le uova fossero pronte, mi sentii di nuovo trascinato in strada dove mi venne incontro il fitto gorgo degli uomini. Perché era carnevale, e sera, e tutti erano liberi, giravano e si spingevano a vicenda. E i loro visi erano pieni di luce che veniva dai baracconi e il riso colava da quelle bocche come marcio dalle ferite aperte. Ridevano sempre più forte, e si urtavano; io cercavo di andare avanti con una impazienza crescente. Mi impigliai nello scialle di una donna e me lo tirai dietro; qualcuno mi fermò ridendo: sentii che anch’io dovevo ridere e che non potevo. Da un’altra parte mi gettarono negli occhi una manciata di coriandoli e fu come un colpo di frusta. Agli angoli la gente era più fitta, un uomo addosso all’altro, e non potevano fare altro movimento che un leggero dondolio come se si accoppiassero da fermi. Ma benché essi fossero immobili e io corressi come un pazzo all’estremità del marciapiede, dove restava un piccolo intervallo nella calca, mi pareva che fossero loro a correre e che io stessi fermo. Perché non cambiava nulla; mi guardavo intorno e vedevo sempre le stesse case da una parte e i baracconi dall’altra.
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