25 maggio 2017

Demetrio Sotere – Costantino Kavafis 162-150 a.C.

ricostruzione Roma antica

Demetrio Sotere – Costantino Kavafis
162-150 a.C.


Ogni attesa per lui finì delusa.

Vagheggiava di compiere prodezze,
scrollando l’abiezione che gravava la patria
sino alla battaglia di Magnesia.
Perché la Siria fosse ancora grande,
con le sue forze di terra e di mare,
le sue grandi fortezze, i suoi tesori.

Soffriva, pieno d’amarezza, a Roma,
quando nei conversari degli amici
(gioventù delle prime famiglie),
in mezzo a tutta la finezza e cortesia
che mostravano a lui, figlio del re
Seleuco Filopàtore,
sentiva sempre un segreto disprezzo
per i regni ellenistici:
ormai crollati, inabili
a cose serie, a governare i popoli.
Si traeva da parte, s’eccitava, giurava:
le cose non staranno come si crede: lui
la volontà ce l’ha: saprà lottare,
agire, sollevare.
Basta trovare un modo di giungere in Oriente,
fuggire dall’Italia –
e tutta quella gagliardia che c’è
nel suo spirito, tutto quello slancio
alla sua gente lo trasmetterà.

Ah! in Siria! solo ritornare in Siria!
Ha lasciato la patria così piccolo,
che rammenta a pena la figura.
Ma ci ha pensato sempre, sempre, come
a qualcosa di sacro che s’adora in ginocchio,
parvenza di paese bello, immagine
di porti greci e di città.

E adesso?
Adesso disperazione, angoscia.
Avranno ragione i giovinetti a Roma.
No, non possono reggersi i reami
nati dalla conquista macedonica.

Oh! non importa: lui
s'è sforzato, ha lottato: non poteva di più.
E nel suo nero disincanta mento
pensa una cosa sola,
alteramente: anche nella sventura
mostra al mondo lo stesso indomito coraggio.

Il resto… sogni, sforzi inani.
E la Siria… non sembra quasi più la sua patria:
è il paese di Bala e d’Eraclide.

Trad. Filippo Maria Pontani

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