28 maggio 2017

Il Commiato – Kahlil Gibran



Il Commiato – Kahlil Gibran

E così si fece sera.
E Almitra, l'indovina, disse:
Sia benedetto questo giorno e questo luogo e il tuo spirito che ha parlato.
E lui rispose:
Ero io a parlare? Non sono stato io stesso un uditore?
Quindi scese i gradini del tempio e tutto il popolo lo seguì.
Lui raggiunse la sua nave e restò in piedi sul ponte.
E ancora rivolto al popolo levò alta la voce e disse:
Popolo di Orfalese,
il vento mi comanda di lasciarvi.
Io sono meno impaziente del vento,
tuttavia devo andare.
Per noi, viandanti eternamente alla ricerca della via più solitaria,
non inizia il giorno dove un altro giorno finisce,
e nessuna aurora ci trova dove ci ha lasciato al tramonto.
Anche quando dorme la terra,
noi procediamo nel viaggio.
Siamo i semi della tenace pianta,
ed è nella nostra maturità e pienezza di cuore
che veniamo consegnati al vento e dispersi.
Brevi furono i miei giorni tra voi,
e ancor più brevi le parole che ho detto.
Ma se la mia voce si affievolirà nel vostro orecchio
e il mio amore svanirà nella vostra memoria,
allora io tornerò.
E con cuore più ricco e labbra più docili allo spirito,
parlerò con voi.
Sì, tornerò con la marea,
E se anche la morte mi celasse e mi avvolgesse il silenzio più profondo,
ancora cercherò il vostro ascolto.
E non cercherò invano.
Se ciò che ho detto è verità,
questa verità dovrà rivelarsi in una voce più chiara
e in parole più somiglianti ai vostri pensieri.
Io vado col vento, popolo di Orfalese,
ma non verso il nulla.
E se questo giorno non è compimento delle vostre attese né del mio amore,
sia allora promessa per un altro giorno.
I bisogni dell'uomo mutano,
ma non il suo amore né il desiderio che sia l'amore a placarli.
Sappiate dunque che io tornerò dal silenzio più grande.
La nebbia che all'alba si dissolve e lascia sui campi solo rugiada,
si alzerà per raccogliersi in nube e ricadere sotto forma di pioggia.
E io fui come nebbia.
Nella quiete della notte ho camminato per le vostre strade
e il mio spirito è entrato nelle vostre case,
I palpiti del vostro cuore erano nel mio cuore
e sul mio volto soffiava il vostro respiro,
e vi ho conosciuti tutti.
Sì, ho conosciuto la vostra gioia e il vostro dolore
e, nel sonno, i vostri sogni erano i miei sogni.
Tra voi sovente sono stato un lago circondato da montagne.
In me si sono rispecchiate le vostre vette e i curvi pendii,
e anche il lento sfilare delle greggi dei vostri pensieri e passioni.
E al mio silenzio è giunto come a ruscelli il riso dei vostri bambini
e a fiumi l'ardente desiderio dei vostri giovani.
E raggiunta la mia profondità,
ruscelli e fiumi non avevano ancora smesso il canto.
Ma qualcosa di più dolce del riso e più grande del desiderio è giunto sino a me.
L'infinito in voi;
L'uomo immenso del quale non siete altro che cellule e nervi;
Nel cui cantico ogni vostra voce non è che un muto singhiozzo.
È nell'uomo immenso che voi siete immensi,
Ed è nel guardarlo che vi ho guardato e amato.
Poiché a quali distanze,
al di là di questa immensa sfera,
può giungere l'amore?
Quali visioni, quali attese e quali speranze
si eleveranno oltre quel volo?
Come una quercia gigantesca in piena fioritura
è l'uomo immenso in voi.
La sua forza vi lega alla terra,
la sua fragranza vi solleva nell'aria,
e nel suo perdurare voi siete immortali.
Vi è stato detto che voi, simili a una catena,
siete deboli quanto il vostro anello più debole.
Questa non è che una mezza verità.
Voi siete anche forti come il vostro anello più forte.
Misurarvi dalla vostra azione più meschina
è come calcolare la potenza dell'oceano dalla fragilità della sua schiuma.
Giudicarvi dai vostri errori è accusare le stagioni per la loro incostanza.
Sì, voi siete come l'oceano,
E sebbene le navi, pesanti di carichi,
attendano la marea sulle vostre rive,
voi, come l'oceano, non la potete affrettare.
E inoltre siete come le stagioni,
E benché nel vostro inverno neghiate la vostra primavera,
La primavera che è in voi sorride intatta e assopita.
Non pensiate che io vi parli così affinché vi diciate l'un l'altro:
"Ci ha ben lodato.
In noi non ha visto che il buono".
Io vi ho solo tradotto in parole ciò che voi stessi conoscete in pensiero.
E che cos'è la parola se non l'ombra di una conoscenza inespressa?
I vostri pensieri e le mie parole sono le onde di una memoria sigillata
che conserva la traccia del nostro passato,
E dei remoti giorni in cui la terra non conosceva noi né sè stessa,
E delle notti in cui era preda del caos.
Uomini savi sono venuti per darvi la loro saggezza.
Io sono venuto per attingerla da voi.
E ho trovato quanto è più grande della saggezza:
La fiamma dello spirito in voi che si alimenta di sè stessa,
Mentre voi, noncuranti del suo espandersi,
piangete l'inaridire dei giorni.
E ho trovato la vita che cerca la vita in corpi che temono la tomba.
Qui non ci sono tombe.
Queste montagne e queste pianure
sono una culla e una pietra per il guado.
Quando passate per il campo dopo aver sepolto i vostri avi,
guardatevi intorno e vedrete voi stessi con i vostri figli danzare mano nella mano.
In verità, spesso fate festa senza saperlo.
Altri uomini vennero a blandire la vostra fede con dorate promesse
e voi a loro rendeste ricchezze e potenza e gloria.
Io vi ho dato meno di una promessa,
eppure siete stati con me più generosi:
Mi avete dato la più profonda sete di vita futura.
Certo non vi è dono più grande per un uomo
di ciò che muta ogni proposito in labbra ardenti
e tutta la vita in una fonte.
E in questo sta il mio onore e la mia ricompensa:
Vengo a bere a una fonte e trovo l'acqua viva essa stessa assetata;
E mentre io bevo l'acqua mi beve.
Qualcuno tra voi mi ha stimato superbo
e troppo schivo per ricevere doni.
In verità sono troppo superbo per accettare compensi,
ma non doni.
E sebbene abbia mangiato bacche sulle colline
quando mi avreste invitato alla vostra mensa,
E dormito sotto il portico del tempio
quando mi avreste dato asilo con gioia,
Non è stata forse la vostra amorevole preoccupazione per i miei giorni e le mie notti
a rendere il cibo dolce alla mia bocca
e a circondare il mio sonno di visioni?
Per tutto questo io vi benedico ancora.
Voi date molto e lo ignorate:
In verità la bontà che si ammira allo specchio si tramuta in pietra,
E una buona azione che si compiace di sè stessa genera una maledizione.
E alcuni di voi mi hanno giudicato distante ed ebbro della mia solitudine,
E hanno detto:
"Lui tiene consiglio con gli alberi della foresta,
ma non con gli uomini.
Siede solitario sulle cime dei monti e guarda dall'alto la nostra città".
È vero, ho scalato montagne e ho camminato in luoghi remoti.
Ma come avrei potuto vedervi
se non da una grande altitudine o da una grande distanza?
In verità, come si può essere vicini
se non si conosce la lontananza?
E altri tra voi si sono tacitamente rivolti a me pronunziando queste parole:
"Straniero, straniero, amante di irraggiungibili altezze,
perché vivi sulle cime dove le aquile costruiscono il loro nido?
Perché cerchi l'impossibile?
Quali tempeste vorresti carpire?
E quali uccelli chimerici insegui nel cielo?
Vieni, e sii uno di noi.
Scendi, placa la tua fame col nostro pane e spegni la tua sete col nostro vino".
Nella solitudine dell'anima questo hanno detto;
Ma se la loro solitudine fosse stata più profonda
avrebbero capito che ricercavo soltanto il segreto della vostra gioia e della vostra pena,
E che inseguivo soltanto la vostra essenza più vasta che si libra nel cielo.
Ma il cacciatore è stato anche la preda;
Molte frecce hanno lasciato il mio arco
solo per mirare al mio petto.
E il volatile è stato anche il rettile;
Quando le mie ali si dispiegavano al sole,
la loro ombra sulla terra era una tartaruga.
E io, il credente, sono stato anche lo scettico,
Poiché sovente ho messo il dito nella mia stessa piaga,
per avere di voi la conoscenza e la fede più profonde.
Ed è con questa fede e questa conoscenza che io dico,
Voi non siete rinchiusi nel vostro corpo,
né confinati nelle case o nei campi.
Ciò che voi siete
ha la sua dimora tra le montagne ed erra nel vento.
E non è qualcosa che striscia al sole per scaldarsi
o scava buche nel buio per trovare rifugio.
Ma qualcosa di libero,
uno spirito che avvolge la terra e muove nell'etere.
Se queste sono parole vaghe,
non cercate di chiarirle.
Vago e nebuloso è l'inizio di ogni cosa,
ma non la sua fine.
E vorrei che mi ricordaste come un inizio.
La vita, e tutto ciò che vive,
è concepito nella nebbia e non nel cristallo.
E chissà se il cristallo non è la nebbia che si dilegua?
Nel ricordarmi,
non scordatevi di questo:
Ciò che in voi sembra più fragile e confuso,
è invece più forte e determinato.
Non è forse il respiro che ha eretto e temprato la vostra struttura?
E non è forse un sogno che nessuno di voi ricorda di aver sognato,
ciò che ha edificato la vostra città e modellato ogni cosa in essa?
Se solo poteste vedere il flusso di questo respiro,
non vorreste vedere nient'altro.
E se solo poteste udire il sussurro di questo sogno,
non vorreste ascoltare suono diverso.
Ma voi non vedete né udite,
e questo è bene.
Il velo che offusca i vostri occhi
sarà sollevato dalla mano che lo ha tessuto,
E la creta che ostruisce le vostre orecchie
sarà rimossa dalle dita che l'hanno impastata.
E voi vedrete.
E voi udirete.
Ma non rimpiangerete di aver conosciuto la cecità,
né di essere stati sordi.
Poiché in quel giorno conoscerete il fine nascosto.
E benedirete l'oscurità come avreste benedetto la luce.
Dette queste cose si guardò intorno
e vide il timoniere in piedi vicino alla sbarra scrutare ora le vele gonfie ora l'orizzonte.
E disse:
Paziente, troppo paziente è il capitano della mia nave.
Il vento soffia e le vele sono inquiete;
Anche il timone implora la sua rotta;
Tuttavia il mio capitano ha atteso con calma il mio silenzio.
E questi miei marinai, che già udivano il coro del mare aperto,
hanno saputo ascoltarmi pazienti.
Non aspetteranno più a lungo.
Sono pronto.
Il fiume ha raggiunto il mare,
e ancora una volta la grande madre accoglie il figlio nel suo grembo.
Addio, popolo d'Orfalese.
Questo giorno è finito.
Si chiude su di noi come il giglio acquatico sul suo domani.
Serberemo quello che qui ci è stato donato,
E se non sarà sufficiente,
ci ricongiungeremo per tendere ancora le mani verso colui che dà.
Tornerò a voi, non dimenticatemi.
Sarà tra breve,
e il mio anelito raccoglierà polvere e saliva per un altro corpo.
Sarà tra breve,
un attimo di calma nel vento e un'altra donna mi partorirà.
Addio a voi e alla giovinezza trascorsa con voi.
Appena ieri ci incontrammo.
Voi avete cantato per me nella mia solitudine
e io ho costruito una torre nel cielo con i vostri desideri.
Ma ora il nostro sogno è finito,
è volato via il sonno e non è più l'alba.
Il mattino volge al termine,
il nostro dormiveglia si è trasformato nella pienezza del giorno,
e dobbiamo separarci.
Se ancora una volta ci incontreremo nel crepuscolo della memoria,
parleremo nuovamente insieme,
e il canto che voi intonerete sarà allora più profondo.
E se le nostre mani si toccheranno in un altro sogno,
costruiremo un'altra torre nel cielo.
Così dicendo fece un segnale ai marinai
e subito essi levarono le ancore
e, liberata la nave dagli ormeggi, salparono verso oriente.
E un grido venne dal popolo come da un solo cuore,
salì nel crepuscolo
e dal mare fu portato lontano come uno squillo di tromba.
Solo Almitra rimase in silenzio
fissando la nave fino a che scomparve nella foschia.
E quando tutto il popolo si disperse lei restò sola sul molo
mentre nel suo cuore riaffioravano le parole:
"Sarà tra breve,
un attimo di calma nel vento e un'altra donna mi partorirà".

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