13 maggio 2017

Come rivolgersi a un Gatto – T. S. Eliot

Come rivolgersi a un Gatto – T. S. Eliot

Ora che avete letto di molti tipi di gatti,
vi posso dire che la mia opinione
è che non c’è bisogno di un interprete
per comprendere il loro carattere.
Ora avete imparato abbastanza per capire
che un Gatto non è affatto differente
né da voi né da me né da altra gente
che si ritiene abbia un tipo di mente diversa.
C’è chi è savio, c’è chi è matto,
ci sono i buoni, ci sono i perversi,
c’è chi è migliore, c’è chi è mal fatto –
ma tutti sono adatti a descrizioni in versi.
Li avete visti al lavoro, li avete visti giocare,
perfino il nome vi è ormai familiare,
e ne riconoscete usi e costumi:
ma con quali lumi
sapreste veramente definirmi un Gatto?
Così per rinfrescarvi la memoria,
dirò che solo un dato ci rimane:
che UN GATTO NON E’ UN CANE.
Fingono, i cani, di amare la baruffa;
e di frequente abbaiano, ma mordono di rado;
un cane, nel complesso,
è di animo brado, per non dire fesso.
Con l’eccezione, ovviamente, dei cani Pechinesi
e simili esemplari di stramberia canina.
Per un tipo comune di razza cittadina
la più vera e provata inclinazione
è recitare il ruolo del buffone,
tanto che ben lontano dal mostrare orgoglio
manca solitamente di ogni dignità.
E’ molto facile infatti che cada nell’imbroglio –
basta fargli carezze sotto il mento,
acchiappargli la coda o battergli la schiena,
e quello vi scodinzola e stronfia da far pena.
Un cane è così goffo e così poco astuto
che risponde a ogni fischio e a ogni saluto.
Così per rinfrescarvi la memoria
dirò che solo un dato risponde a questo fatto:
un cane è solo un cane, mentre UN GATTO E’ UN GATTO.
Con i gatti si dice, solo un proverbio è vero:
Meglio non essere i primi a parlare.
Ma io ritengo, per essere sincero,
che un Gatto lo si debba interpellare.
Sempre tenendo a mente che diffida
di un’eccessiva familiarità.
Perciò mi inchino, mi tolgo il cappello,
e mi rivolgo a lui dicendo GATTO!
Ma se per caso è quello della stanza accanto,
quello per cui posso menare il vanto
di averlo già incontrato sul portello
posso arrischiarmi a dirgli EHI GATTO BELLO!
Magari so che si chiama Giovanni,
ma non essendo in stretta confidenza,
evito il nome ed ogni conseguenza.
Prima che si decida a trattarvi da amico leale
ci vuole un segno di vera deferenza,
come un vassoio di crema, un fagiano, caviale,
un paté di salmone o un paio di ripieni di Strasburgo,
tanto è preciso il gusto personale di quel furbo.
(Conosco un gatto il cui solo consiglio
è mangiare cosciotti di coniglio,
leccandosi le zampe a mo’ di molle
per non sprecare la salsa di cipolle).
E’ dunque per un gatto del tutto naturale
essere fatto segno a un rispetto totale,
e soltanto col tempo capirete come
sia consentito chiamarlo per NOME.
Perché titìra e titèra
è l’unica maniera
per potersi RIVOLGERE A UN GATTO.

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