14 maggio 2017

Marina – T. S. Eliot

John Atkinson Grimshaw - Home Again
Marina – T. S. Eliot

Quis hic locus, quae
regio, quae mundi plaga?

Che mari che spiagge che rocce grigie che isole
Che acqua che lambisce la prua
E profumo di pino e canto di tordo di bosco nella nebbia
Che immagini ritornano
O mia figlia.

Coloro che affilano il dente del cane, e intendono
Morte
Coloro che brillano della gloria dei colibrì, e intendono
Morte
Coloro che si adagiano nella stalla della sazietà, e intendono
Morte
Coloro che vivono l’estasi degli animali, e intendono
Morte

Sono diventati insostanziali, ridotti da un vento,
Un fiato di pino, e il canto di bosco nella nebbia
Da questa grazia dissolti in spazio
Qual è questo viso, meno chiaro e più chiaro,
Il pulsare nel braccio, meno forte e più forte:
Donato o prestato? Più distante delle stelle e più vicino dell’occhio

Sussurri e piccole risa fra le foglie, rapidi passi
Sotto il sonno, dove tutte le nacque corrono.

Bompresso crepato dal ghiaccio e pittura crepata dal caldo,
Ho fatto questo, ho dimenticato
E ricordato.
Il sartiame fiacco e le vele sfatte
Ho fatto questo inconsapevole, semicosciente, sconosciuto, mio interamente.
Il dritto di chiglia fa acqua, le giunte vanno calafatate.
Questa forma, questa faccia, questa vita
Viva per vivere in un mondo di tempo al di là del mio; che io
Rinunci alla mia vita per questa vita, alla mia parola per il non detto,
Il risveglio, le labbra schiuse, la speranza, le navi nuove.

Che mari che spiagge che isole di granito verso il mio fasciame
E richiamo di tordo di bosco nella nebbia
Mia figlia.

traduzione di Massimo Bacigalupo
da T. S. Eliot,il sermone del fuoco a cura di Massimo Bacigalupo
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

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